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      No, figlio mio: l'obbligo del servo era di accrescere e non soltanto di conservare: e cosģ cosa accadde? Il pigro trafficatore fu paragonato a quegli alberi infruttiferi, i quali, non dando di sé che il legno de' rami e del tronco, non sono utili che a far fuoco. Difatti non mai accade vedere che un Agricoltore getti alle fiamme una pianta feconda. I talenti della parabola erano monete, ma sotto il velo di quelle monete noi dobbiamo intendere le buone disposizioni dell'anima, colle quali ciascun uomo che vive č obbligato a procacciarsi valore e fama di buon aiutatore della societą di cui Iddio lo volle individuo. Il Vangelo, Ciro mio, č il libro della veritą, e il primo Maestro della morale umana. Quanto dunque in quello si racchiude non dev'esser preso quale passatempo e fuggilozio, ma in senso di guida infallibile delle nostre operazioni. I pericoli da esso dimostrati sorprenderanno chiunque non modelli la sua vita a norma di que' sapienti precetti.
      Sarą buon uficio di cortesia se tu andrai dimandando al Sig. Maestro Fani notizie della salute della Sig.ra Angiola, caduta in non lieve infermitą. Quella Signora ti ha dimostrato molte premure, e tu non fartene notare per dimentico.
      La tua Mammą ti benedice ed abbraccia. Gli amici e i domestici, specialmente Antonia, ti salutano. Riverisci i tuoi Superiori e credimi sempre l'aff.mo tuo padre.
     
      P.S. Amerei sapere a che ti trovi nello studio della musica.
     
      LETTERA 205.
      A CIRO BELLI - PERUGIADi Roma 3 febbraio 1835
      Mio caro Ciro
      Colla tua del 29 perduto gennaio mi fai de' rimproveri da' quali debbo difendermi. Delle tue lettere, alle quali ti lagnavi non avere avuto riscontro, la prima fu da me riscontrata nella mia al Sig. Rettore a cui in quello stesso ordinario dovetti scrivere, e la seconda te l'accusai il 27, come tu stesso hai veduto.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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