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      Massari, raccomandandogli quel tal figlio de' sei baiocchi.
      A proposito! non vi lasciai il 2° sonetto sulla faccenda Lanci-buffiana. Avete il primo, dovete avere quest'altro, per mandarli insieme al paradiso delle cartacce. E perché qui non entra ve lo scriverò alla voltata del foglio.
      Dunque abbiatevi un V.S. da carte di musica, che alcuni spiegano per Vossignoria. Questo modo d'interpretare io lo conosco, perché vivo nel paese degli antiquari.
      S.P.Q.R. Senatus Populusque Romanus
      S.P.Q.R. Soli Preti Qui Regnano.
      Prima del sonetto due altre parole. Dite al M.se Prof. Antinori che il cucullato si crede dai linguisti o linguacciuti che siano, possa applicarsi per modo estensivo ad ogni genere e specie di claustrali, essendosi detto da buoni poeti fra i quali il Monti, chiercho e cocolle per preti e frati.
      O buona o non buona ragione, io me la ingollo, ché la mia serve d'indulto. Circa poi all'Arciconsolo, fu egli appunto la pietra dello scandalo. Ed ora sia il capro emissario solvens pro cuncto populo. Ditegli anche questo.
      Ora trapassiamo al sonetto in nome di Dio. Intanto stringete il lucchetto e mantenemi schiavo.
      Il vostro 996
     
      [segue la copia del sonetto: "Corri dunque sull'Arno, o cucullato"]
     
      LETTERA 215.
      A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - S. BENEDETTODi Roma, 16 luglio 1835
      Mio carissimo amicoRitornato appena da una delle mie frequenti escursioni a Perugia, dove ho il mio Ciro in collegio, mi son veduto ricapitare in nome di vostro fratello Filippo due esemplari di una Lettera di Eveno Aganippeo ad un suo amico diretti da voi con sopraffascia uno a mia moglie ed uno a me. Potete pensare se questo invio mi ha fatto piacere, e se me lo ha fatto per più titoli, tanto come un testimonio del non essere io mai morto nella vostra memoria, quanto pel pregio dell'opera e per l'interesse della relazione che la costituisce.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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