Ed io che vostra mercè conosco codesti luoghi e li sconosco sì bene, ho, leggendo la vostra descrizione, creduto quasi di rivederli in realtà, e provato un senso di soddisfazione al cui complemento non mancava che la vostra compagnia. Il racconto poi del rappacificamento tra i due paesi vi so dir io che m'ha commosso sino a inumidirmi gli occhi tanto i generosi atti di virtù signoreggiano il cuore umano. Intorno al quale avvenimento una curiosità mi rimane da appagare e una preghiera da farvi. Chi fu quel gentile, sul capo del quale pose Apollo la Corona come al principal promotore della riconciliazione di due popoli? Scommetterei qualunque cosa men preziosa della vostra amicizia essere stato colui che si nomina alle linee 18 e 24 della pagina 6a, due linee degne d'essere incise in bronzo. Se mi sono ingannato nella mia congettura dovrò credere che in S. Benedetto viva un altro Voi-stesso.
Vengo ora a dirvi che il vostro dono è giusto venuto a trarmi una spina dal cuore. Io era con voi in collera. Seppi un vostro figlio essere stato in Roma, e voi non me lo indirizzaste. In lui avrei onorato lui e il padre. Io non voleva più venire a vedervi, con vendetta da buon cristiano rendendo bene per male. Ora su ciò si vedrà, e allora sarebbe la vendetta più acerba.
Le mie occupazioni sono continue: mi occupo in appianare la futura carriera letteraria di mio figlio. Attualmente gl'illustro uno dei tre poemi di Virgilio, e gli distendo un ampio piano di Mnemonica, perché se mai dovrà perdere la memoria, come va succedendo a me, abbia pronto un soccorso. Ho anche scritto uno scartafaccio pel quale ho da un libraio di Parigi offerta di 100.000 franchi, non per l'eccellenza dell'opera ma per la novità della materia e della forma. Ma i tempi corrono ad essa contraria, e verrà forse in sepoltura con me.
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