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      No, per verità e per giustizia diremo tutt'altro. Ma il ciel chiuda la bocca di chiunque volesse far eco alle accuse del Figaro onde giustificare i motivi di que' disgraziati naufragi. Perì, è vero, il naviglio del Ricci, meno però per l'imperizia dell'equipaggio che per le forme del legno poco atte a correr queste acque. Snello, spalmato, elegante, ma non troppo fatto pel Tevere, entro a' cui vortici (stupendo a dirsi) affonda talvolta miseramente ciò che lieto galleggia sul Ticino o sull'Adda. E, per lasciar le metafore, verremo a conchiudere che l'Alberti non è certo un Rubini, non è un Duprez, non è quel che una volta fu il David; ma neppure è un cantore da chitarrino, siccome al Figaro sembra ch'ei sia. Né alla Cosatti debbonsi concedere i pregi delle Malibran, delle Ronzi, delle Ungher, e delle altre poche celebrità dell'odierno teatro, chiare in Italia, chiarissime fuori, e rimunerate ovunque in una sera con quanto consolerebbe per un anno numerose e virtuose famiglie. La Cosatti, più umile di tutte costoro, le quali non sempre si possono avere, non merita purtuttavia di comparire ne' pubblici fogli quasi capro-emissario carico de' peccati del popolo. Dotata dalla natura di gratissima voce e robusta ed estesa, non povera di sentimento e d'intelligenza, di un aspetto da non mandare le genti in delirio ma neppure da far chiuder gli occhi a nessuno, essa nulla poté aggiungere all'Opera come nulla le tolse. Non incontrò nella musica del Ricci; ma chi piacque in essa? La Sig.ra Amalia Pellegrini, dice il Figaro. - Signor Figaro, noi abitiamo a Roma ed Ella a Milano dove fu indotto in equivoco da una romana relazione che guardò agli effetti senza curarsi delle cause. Sappia Ella dunque che se la sua gentile concittadina riscosse un applauso nella prima sera (e forse lo avrebbe meritato eguale nelle successive) l'uditorio, che era annoiato, volle rallegrarsi un momento.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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