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      .. Dunque? Dunque l'aspettazione non è ascrivibile a petulanza; ma sibbene ad piam causam, come diconci sempre i nostri buoni sacerdoti quando vogliono le cose a modo loro. Ma la Bettini non ha potuto scrivere. Va bene: scriverà dunque quando potrà, e intanto scrivo io che ho il calamaio bell'e ammannito. Sapete? Un Ferrettino è nato domenica 21, alle 7 della mattina, a far compagnia alle sorelle; e lunedì 22, alle 6 della sera andò in chiesa a farsi chiamare Luigi. Fra i sorbetti io dissi:
      Servo suo, signor Giachimo.
      Date un bacio per me a Vostra Madre, perché sappiate che uno gliene ho dato da me stesso quando partì, e non me ne pento. In quanto poi alla Cecchina, l'è un altro paio di maniche. Stringetele la mano con mia procura sino a farle gridare Caino. E a Voi? A Voi mille affettuose parole. E quando mi risponderete, ché pure una risposta me la sono promessa, badiamo ai pronomi. Da Voi a me io non sono terza persona, ma seconda. Circa poi al numero attribuitemi quello che Iddio v'ispira, benché il singolare.
      È più gentile assai, fa più buon bere.
      De' saluti di Mariuccia ve ne do colla canestra sì per voi che per la Sig.ra Lucrezia e per la Cecchina. E quell'angiol di Angiol Biscontini? Si farà i fatti suoi da sé. Sono il vostroG. G. Belli
      Palazzo Poli, 2° piano
     
      Di Roma, sabato 27 febbraio 1836.
     
      Mentre io stava chiudendo questa letterina per mandarla alla posta, eccoti una cara epistoletta data di Livorno il 23. Oh va' a dire che la Mamma del corriere potesse con ragione rimproverarlo d'essersi presa una scalmatura! L'epistoletta è firmata da una Amalia B. Quanti bei nomi potrebbero portare sulle spalle quella testa del B.! Ma un foglio sì caro e disinvolto e obbligante non saprebbe essere stato scritto che da una Bettini, la più cara, la più disinvolta, la più obbligante donna ch'io mi conosca.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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