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      Il tuo G. G. Belli
     
      LETTERA 241.
      A CIRO BELLI - PERUGIARoma, 29 marzo 1836
      Mio caro Ciro
      Mi arreca molto piacere l'aggradimento da te dimostrato al libretto che ti mandai. Esso alla mole è ben piccola cosa, ma, come tu stesso saviamente dici, può molto e dilettare ed istruire. Volendo dargli una scorsa di lettura ti servirà ciò per iscandagliare la quantità e qualità di materie in quello contenute; ma non è a questo scopo di lettura seguìta e ordinaria che simili opere sono immaginate e dirette. Tutti i libri che hanno la forma di un dizionario, tutti i repertorii ordinati col sistema alfabetico non ad altro mirano fuorché a soccorrere uno studioso al momento di qualche speciale occorrenza su tale o tal'altro soggetto. E chi leggendo solamente dal principio alla fine un vocabolario di lingua si lusingasse di imparare quella lingua a quel modo, farebbe ridere sino Eraclito che in vita sua sempre pianse. È vero che in quel vocabolario tutte si troverebbero le parole della lingua e le frasi e tutti i modi del dire; ma che perciò? tutto quello che va come per salti nella mente, e non vi si colloca con metodo, e non vi rimane a far parte di una serie d'idee, svanisce presto e si perde, seppure non fa di peggio. La perdita di qualche notizia acquistata sarebbe un male non tanto grave: il danno più forte consiste nel disordine e nella confusione a cui si abitua la nostra mente nell'afferrare qua e là idee e sensazioni non disposte fra loro con alcuna armonia. Una catena avrà cento anelli: se tu me li presenti tutti scomposti e isolati in un canestro, non solo io non avrò da te una catena, ma quasi neppure comprenderò a quale uso mi potrebbero quelli servire. Uniti però essi e insieme collegati, ecco in un momento la lucida comprensione del tutto: ecco la catena: ecco quel corpo unico benché composto di cento parti, delle quali una sola che si afferri tira seco al debito uso tutte le altre compagne.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





Belli Ciro Eraclito