Svanita una volta fra due civili persone la parola d'onore, non resta altra garanzia se non quella comune anche ai volgari, cioè la forza della giustizia.
Io mi rammarico assai, e forse più di Lei, di questa asprezza, e tanto più dopo che l'ultimo momento da me passato in Pesaro nel 1830 mi aveva inspirato lusinga che fra noi nulla più di spiacevole si eleverebbe. Né mi dica al Sig. Marchese Ercole essere affidata la amministrazione della famiglia. Ella n'è il capo, ed a Lei perciò mi sono rivolto. Ho l'onore di ripetermi, Signor Marchese,
Suo dev. ob.mo servitore G. G. Belli
Palazzo Poli, 2° pianoDi Roma, 24 maggio 1836.
LETTERA 243.
A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Terni, sabato 18 giugno 1836
Mia cara Mariuccia
Giunto in questa Città alle 4 pomeridiane e avendo buono spazio di dimora sino alle 4 del mattino di domani, ho voluto darti un'anticipazione di mie notizie nel medesimo tempo che tu, come dicesti, mi stai dando le tue dirette a Perugia. Alla presente tu non rispondermi fino a che non avrai avuta la mia prima perugina.
Il viaggio fin qui è stato felicissimo, e tale spero il rimanente.
Ecco la mia compagnia. Io sono al primo posto: alla mia sinistra siede una perugina la quale tiene più al basso che all'alto se si deve arguire dallo stia comido che mi va spesso ripetendo a motivo di una figlioletta di cinque anni che dorme tutto il giorno fra noi due e ha scelto me per prestarle uficio di materasso. Incontro alla donna si trova il tenente Frantz, il quale non pare nemico e molto meno nemico vecchio di lei. Dirimpetto a me è un Sig. Francesco Soncino, giovane, ed è quel tal cugino dell'Avv. Grazioli, che doveva partir giovedì. Avrai udito ieri il legno a retrocedere sulla nostra piazza: ebbene si tornò a prender lui a SS. Apostoli, mentre alla prima passata di là non trovarono il palazzo.
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