Te lo ripeto, mio caro figlio, e tu vedrai verificate le mie parole: questo è l'anno che principierà a scoprirti le dolcezze che sinora ti sono rimaste nello studio nascoste. La geometria e poi la fisica cominceranno ad aprirti la mente a sublimi verità celate a tanti e tanti uomini, benché la maggior parte dei fenomeni che ad esse si appoggiano vada tuttogiorno cadendo loro sott'occhio. E altrettanto dico della letteratura. Le bellezze dei classici non potranno mancare di scuoterti l'anima, imperocché io mi lusingo che a te non manchi una spirito capace di sentire e di sollevarsi a poco a poco dalle scipitaggini della fanciullezza, la quale senza lo studio e perciò senza il sapore rimane in molti uomini eterna, cosicché essi passano dalla puerilità alla vecchiezza possiamo dire di un salto, stranieri quasi al mondo in cui vivono. Sappi, Ciro mio, che appena tu nascesti io dissi a tua madre: questo figlio un giorno formerà la gloria della nostra vita e l'onore della casa nostra; e tanto io dissi perché era sicuro che dandomi Iddio i mezzi non avrei nulla trascurato per indirizzarti al bene. Tu devi adesso corrispondere alle mie intenzioni e a quelle analoghe di tua madre, non che alle cure amorose e veramente paterne di chi veglia alla tua istruzione. Io non credo né pretendo che tu abbia a far prodigi: a questi son riserbati gl'ingegni straordinarii; ma perché Iddio non ti ha neppure negato un mediocre talento, trafficalo, Ciro mio, onde un giorno non ti sia diretto il rimprovero del Vangelo al Serve nequam. Me n'esco in qualche paroletta latina perché so che a quest'ora tu la debba intendere.
Dunque il Sig. Rettore ti assisterà privatamente in algebra. Corrispondi, Ciro mio, con diligenza e gratitudine alle di lui premure, e fammelo udire contento di te.
Mammà ti abbraccia e benedice come faccio ancor io.
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