Sii riflessivo, Ciro mio caro, pènetrati de' tuoi doveri, persuaditi del fine a cui son dirette le occupazioni di un giovanetto bennato, e pensa che gli anni passano e non si ricuperano mai più. In ogni tua lettera (sul fatto degli esami) ho sempre letta questa espressione: speriamo che nel futuro trimestre andrà meglio; ma vorrei che questo benedetto meglio arrivasse veramente una volta. Se tu non fossi in realtà capace di far più, ti compatirei e prenderei da te quello che si potesse: ma tu l'ingegno lo hai, quando vuoi servirtene: tutto il tuo difetto, e in tutte le cose, consiste in una soverchia leggerezza di carattere che ti rende indifferente quanto merita di venir gravemente considerato. Ciro, oggimai non sei più un bambino, e fra sei o sette anni (che formano la metà della tua vita già scorsa) il Mondo può già pretendere da te qualche cosa, e chiederti conto del tempo impiegato e dei mezzi consumati per divenire degno dell'altrui stima. E bada, Ciro, bada, che gli uomini giudicano se stessi con indulgenza ma gli altri con severità. Se io vivrò nell'epoca della tua gioventù e della tua virilità, sono sicuro di udire da te la confessione delle verità solenni che ti vado ora prodigando con poco frutto e forse con minor tua persuasione. Avresti un gran torto se non prestassi fede a tuo padre, a un padre che tanto ti ama e rinuncerebbe di buon grado alla propria felicità per la tua, quando lo stesso tuo bene non formasse tutto intiero il suo contento. Credimi dunque, figlio mio, e abbandona le tue puerilità. Studia con senno, ed applica di buona fede a quello che fai. Un altro argomento voglio addurti per ultimo. Tua madre ti promette di venire a visitarti se riceverà migliori notizie intorno alle tue applicazioni. Ascolta finalmente i consigli de' buoni tuoi Superiori, e riguardali come voce di Dio.
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