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      Le vocazioni bisogna ascoltarle subito, Amalia, altrimenti si rischia di perdere l'anima e il corpo: questo almeno è il dogma che popola i nostri conventi: al resto ci pensano i catenacci. Ciononostante, meno quella povera vittima di Presidente, tutti m'avrebbero empite le orecchie di mille belle parole per Voi se avessero saputo ch'io vi andava a scrivere. Ricevetele dunque anticipate, e senza scrupolo, perché già son certo che me le restituiscono prima di notte e con qualche cosetta d'usura.
      E la Cecchina che fa? quella cara, quell'affettuosa appiccicarella? Ma io che mi era creato suo compare, eh! come vanno le cose de sto monno! Già, come dice quello? L'uomo propone e dio dispone. - Non se move fojja ch'er Signore nun vojja. - Matrimoni e Vescovati stanno in celo distinati. - Chi pecora se fa er lupo se la magna. - Er lupo muta er pelo, e er vizio mai. - Acqua quieta vèrmini mena. - Fidasse è bene, e nun fidasse è mejjo. - Nun se dice quattro fin che nun sta ner sacco. E che risponde quell'altro? Chi la fa l'aspetta. - Le montagne nun s'incontreno. - Non tutte le palle ariescheno tonne. - Tanto va la gatta all'onto che ce lassa er pelo. - Tanto va er secchio ar pozzo sin che ce lassa er manico. - Dio non paga ogni sabato, ma la dimenica nun avanza un quattro gnisuno. - Ogni medajja ha er su' roverzo. - De maggio puro se fa notte. - Er tempo è galantomo. - Cor tempo e co la pajja se matureno le nespole. - La vipera s'arivorta ar ciarlatano. - Si l'oste ne coce per tutti ce n'è. - Chi la tira la strappa. - Ar bervede' t'aspetto. - Nun sempre ride la mojje der ladro: e via discorrenno. - Intendiamoci, perché non nascano equivoci: tutte queste belle gentilezze sulle spalle di quel cuor di Bireno e faccia di Bertoldo.
      Stringete la mano affettuosamente alla Mamma e alla Sorella, e ponete a mio debito, seppure nel libro-mastro della vostra memoria v'è intestata, la mia partita.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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