Or come prestarvi consolazione in così desolante calamità? A voi nulla vien nuovo di quanto in simili circostanze san dire la religione e la filosofia. Abbandonati pertanto i comuni conforti a chi debba toccare animi al Vostro inferiore, io rispetto in silenzio le lagrime che spargete, e Ve ne imploro anzi dal Cielo copia (se è possibile) ancor più larga, dappoiché nell'abbondanza di quelle trovasi pur talvolta dai disgraziati quasi un risarcimento de' mali senza rimedio. Nulladimeno io desidero che quanti amici godono su me il vantaggio non dell'attaccamento alle Vostre qualità, ma della vicinanza alla Vostra persona, Vi si raccolgono intorno, e con delicate sollecitudini procaccino di accelerare a pro Vostro il momento in cui suol la natura finalmente ai profondi dolori sostituire ne' travagliati petti la pace malinconica della rassegnazione. Accogliete, infelice amico, le meste parole qual lugubre consuonanza del Vostro giusto lamento; e poiché Vi odo invocare dall'altrui compassione alcun amorevole refrigerio, pensate se debba io sinceramente compiangere al Vostro danno, io padre siccome Voi eravate di unica prole, la cui esistenza fra tanta caducità delle umane cose forma l'incessante pensiero delle mie speranze e de' miei timori.
Sono di vero cuore.
Di Roma, 3 giugno 1837
Il Vostro ob.mo e aff.mo amicoGiuseppe Gioachino Belli
LETTERA 259.
A CIRO BELLI - PERUGIADi Roma, 6 giugno 1837
Mio carissimo figlioE ti pare che io debba non esser contento di te? Sono invece contentissimo, ed altrettanto è contenta la tua buona Mammà, la quale ti abbraccia e ti benedice mille volte. Quei tre male e quei sei mediocri in entrambe le facoltà sono così vinti e superati dai 52 bene e dagli 84 ottimi che peccherei forse di sottigliezza se li andassi a pescare nella tanta acqua che li sommerge.
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