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      Checco allora stimò ben fatto l'impostartela onde non ti tardasse troppo la risposta di Lepri. Jeri poi venne Checco da me a parteciparmi il suo operato. Ora io non so se tu mandi alla posta. Dunque se non ci hai mandato, mandaci e troverai la mia del 12.
      Ed ecco nuovamente il tempo che ti dà guerra! ecco l'acqua ecco il freddo, ecco il diavolo e la versiera. E quel povero Gigio? La febbre?! Pare veramente che siavi un destino deputato a perseguitarti. Dopo averti assicurato della estrema parte che io prendo alle tue traversie non posso conchiudere se non colla solita parola: pazienza. Abbici pazienza e coraggio; ché già né di questo né di quella ti manca. L'abitudine del soffrire ciò in noi produce di buono che ci fa dura la pelle.
      Tornai jeri mattina in casa Pazzi. Tutto va bene; e Carolina, pulita e splendente come un ermellino, mi dette il tuo plico de' tesori albanensi. Or ve' dove s'è cacciato l'intruso Apollo col plettro in mano e l'archibuso al collo!
      Appena piegata la presente passerò da Lopez e gliela consegnerò.
      Salutami capo per capo tutta la tua famiglia e raccomanda la prudenza a chi n'ha più di bisogno. Non è stagione questa, né codesto è clima da prendersela ariosa.
      Ti abbraccio di vero cuore.
      Il tuo Belli.
     
      LETTERA 287.
      GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, 16 maggio 1838
      Mio caro Ferretti
      Tornato io a casa dall'Accademia Tiberina la sera di lunedì 14 vidi sul mio scrittoio la tua del giorno precedente; ed apertala, e trovatavi in seno l'altra per Annamaria, subito mi condussi alla costei abitazione onde il ricapito non le tardasse un momento. Annamaria mi disse che le tue lettere, dentro alle sue ritrovate, le porterebbe Michele nella mattina seguente (jeri 15) a coloro cui erano dirette, cioè ai Sig.ri Terziani, Giobbe e Lopez.
      Io passai jeri da quest'ultimo, e seppi aver puntualmente ricevuto il tuo foglio, al quale avrebbe risposto pel mezzo del Sig.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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