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      E mi dirai come se la passa Cristina. Già, la stagione non sorride finora ai convalescenti. E tu, mio Ferretti? E la tua gamba? Sei costretto a tenerle compagnia dentro casa? Voilà ce que c'est que d'avoir des jambes. Ma il male passa e le gambe restano.
      Lunedì il Sig. D. Fabio etc. recitò un Sonetto in Accademia Tiberina, per la morte di un virtuoso suo amico. Se la prendeva colla Morte perché fura i migliori e lascia stare i rei. Leggi ora quest'altro, scritto da certa persona che v'era presente.
     
      Jer sera un galantuom di que' cotaliDa ricordar con rispetto parlando,
      Siccome il galateo mostraci quandoCi accada nominar piedi o maiali,
     
      Un Sonetto leggea contro il nefandoStil che tien Morte nel vibrar suoi strali
      Contro la miglior parte dei mortali,
      Mentre poi la peggior lascia campando.
     
      Morte, ei gridava, ah intendi a' prieghi miei;
      E se pieno vuoi sempre il cataletto,
      Risparmia almeno i buoni e ammazza i rei.
     
      Zitto, io gli dissi allor, sii benedetto!
      Che se morte t'ascolta, ahimé, coleiNon ti fa terminar manco il Sonetto.
     
      Mille parole amichevoli alla tua famiglia, e credimi sempre il tuo aff.mo Belli.
     
      P.S. Dicono che sia fuggito per debiti quel Betti che cantava e giuocava di bussolotti.
      Tordinona, pieno come un moggio di miglio andò alle stelle. Argentina fiaccheggia. La ex Regina del Piemonte va avanti e dietro pel Corso con due carrozze e un battistrada. E noi a piedi! Seppure.
      Torlonia, pochi giorni addietro, pagò settemila scudi in oro sopra bellissima cambiale falsa.
      - Vogliono stampare sull'Album il mio Goticismo.
     
      LETTERA 288.
      A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, sabato 10 maggio 1838
      alle 9 antimeridianeCaro Ferretti
      Mercoledì sera io fui da Anna Maria, e la lasciai senza indizi di parto. La mattina appresso udii che aveva partorito. Lasciai passare la giornata di giovedì, per convenienza, e jeri mi recai a visitarla.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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