Io sono persuaso, mio caro e buon Ciro, che tu abbia sempre viva la memoria della tua eccellente madre; ma pure voglio per tempo riavvalorarti il pensiero circa al giorno in cui ella ritornò fra le braccia del Signore. Ciò accadde nella domenica 2 luglio. Vorrei dunque che nella domenica 1° luglio di quest'anno tu facessi le sante divozioni in suffragio di quella bell'anima, se mai a Dio piacesse di tenerla ad espiare qualche sua fragilità.
Ritorna i miei ossequi rispettosi a' tuoi Signori Superiori e a' nostri amici di Perugia. Questi di Roma, e così i parenti e gli antichi domestici, fanno altrettanto con te salutandoti affettuosamente. Fra gli altri ti dice mille cose il Sig. Avv. Grazioli, padre di Pietruccio tuo antico compagno.
Ti abbraccia e benediceIl tuo aff.mo padre
LETTERA 292.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, 29 maggio 1838
Caro Ferretti
Ieri al giorno, nelle sale dell'Accademia tiberina mi fu da Zampi consegnata una tua del 27; ed io già dalla mattina ne aveva depositata una mia per te presso il gobbo.
Il Rosso ebbe i tuoi bai: 40, dicendo ruvidamente: mbè. A proposito del piccione amico del tuo Gigio, il Padre Secchi lesse all'accademia un mezzo migliaio d'ottave nelle quali si parlava di un certo angiolo che Sisto V° voleva acchiappare per le ali. Non fu chiaro se lasciò nessuna penna fra le mani del Papa, ma anch'esso come il tuo piccione si sottrasse alla divota persecuzione. L'angiolo raccontò a Sisto V° la storia romana e gli dipinse tutte le brutte morti degl'imperatori cattivi: e tutto questo affinché il Papa innalzasse la guglia di S. Pietro. Ci vedi chiaro? Degli astanti non poté vedere chiaro alcuno, perché tutti finirono con gli occhi serrati. L'accademia fu affollata di gente e di versi. Della prosa Salviana parleremo a voce.
Moltissimi tiberini, primo fra' quali il Padre Rosani, mi dissero di salutarti, e fan voti per la tua povera cianca.
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