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      Ti saluta.
      Le notizie della vecchierella Firrao le ho dalla bocca del Canonico che ti riverisce a nome di tutti. Sta meglio, povera vecchietta. Insomma bussa bussa e non le aprono mai. Meglio così. Vivano le tue gagliarde camminatrici! Salutale sino alla noja, che abbiano a dire: basta per carità.
      Checco, Menico, e questi miei ti mandano mille vale e valete. Pigliali per moneta fina e spendili meglio che puoi. - Sono di cuoreil tuo Belli
     
      LETTERA 296.
      A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, sabato 2 giugno 1838
      ore 9 antimeridianeMio caro Ferretti
      Dal sig. Bennicelli, a condotta di un garzoncello in grembial da cucina ravvolto attorno al capo, ho in questo momento ricevuta la tua lettera del 31 maggio. Lode a Dio che non la è un uovo da bere: altrimenti sarebbe giunta un poco stantìa. Dunque allorché tu la scrivevi ignoravi la fine del povero Sante Luigi, il quale appena affacciatosi allo spettacolo del Mondo ha richiuso le finestre e non ne ha voluto più sapere niente. Io te ne parlai appunto nella mia del 31, e te ne ho replicato nell'altra di ieri. Annamaria benché avente viscere di madre, va a conoscere il bel cambio fatto dal figlio, e la diminuzione de' propri imbarazzi domestici. Solo de' patimenti di nove lune non le resta un compenso. Lo avrà nelle intercessioni di un angioletto. Ora io esco di casa e vado a trovarla. Se nulla v'è oggi di nuovo lo aggiungerò appresso in lapis. Peppe Pazzi accenna grandi disposizioni per l'arte del pionnier o direm noi del marrajuolo. Carolina è rubizza: Checco, vassallo; Vincenzo e Pietruccio storti de cuore. E per essi il paradiso non verrebbe come l'anello al dito? Eppure campano! Ma di qual vita! Ah! qualche volta sarei tentato di trovar pietosa la legge di Sparta.
      Ma volgiamoci a idee liete, e parliamo della tua cara famiglia.
      La comare-di-ferro dello Zampi, che all'alimento del Camaleonte sa talora accoppiare anche il più sostanzioso delle umane mense, che fa? dev'essere venuta invidia di Misuratori e maraviglia di peso.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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