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      Ecco una giornata bene spesa, siccome ecco una lettera terminata all'oscuro. Ci vedo appena per depositarci i saluti per le ragazze e per Gigio Cuppetana. Sono il vostro aff.mo amicoG. G. Belli
     
      LETTERA 301.
      A TERESA FERRETTI - ALBANO[Giovedì 14 giugno 1838]
     
      Fra l'amarezza de' sofferti danniS'io mi ti mostro mai lieto e faceto
      Bada, donna, e non dir: quest'uomo è lieto;
      Che dicendo così troppo t'inganni.
     
      Né dal cuor vien quel riso né al segretoGiunge del cuore ad alleviar gli affanni,
      Come per foco e sovrappor di panniUn umor non si espelle acre ed inquieto.
     
      Schietta natura crederai tu spessoLà dove l'uomo per ingegno ed arte
      Illuder tenta e lusingar se stesso,
     
      Se conoscer mi vuoi vieni in disparteMentre io sospiro in suon cupo e dimesso,
      Né giudicar di me dalle mie carte.
     
      Ciò premesso ha la Signora Teresa torto marcio e cappotto e prende grilli per buffali nel suppormi di ilare umore per quattro facezie e ribòboli e passerotti che mi sono scappati di penna in un momento di ubriachezza suscitata dal vapor d'aglio e cipolla di Madama Ferretti. Senza burle vi assicuro che il mio spirito tutt'altro è che tranquillo, e se qualche frizzo mi si affaccia alle labbra procede più da natural bile e mordacità che non da voglia di fare il lèpido o il mattaccino. Anzi vedete quanto la mia stessa natura impertinente ha perduto del suo vecchio taglio, spuntandosi come un ago d'Inghilterra. Ieri sera fui amorevolmente condotto al rinnovato Argentina dal caro nostro Giacomo. Ebbene fra quelle melodie birmane, o samoiede, o cufiche, o caldaiche, o sonnambule che le siano, se io mi fossi trovato sveglio in petto il prurito di puncicare, la messe non mancava per certo a farmi divenire un vero cannibale. Bravo il mio signor Lillo! Io lo consiglierei a fare l'ortolano ed innestare il popon nella zucca. Una pompa sibaritica e più asiatica forse che francese, uno splendido scenario e tre voci da paradiso non bastare a render soffribile ciò che in altre circostanze di vestiario di pennello e di gole avrebbe forse rinnovato in iscena la strage degl'innocenti.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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