Il tuo aff.mo padre.
LETTERA 304.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, venerdì 15 giugno 1838
Mio caro Ferretti
È sembrato un destino! Il diavolo ci ha ficcato la coda. Ti avevo promesso di vederti prima della tua partenza e di metterti in carrozza, e non ho potuto. Fra tutte le procellose giornate trascorse dopo il mio cataclismo, niuna forse più arrabbiata di oggi. A mille impicci disparatissimi affollatimisi sul capo questa mattina aggiungi il lasso di tre ore dovutesi da me passare alla sperella del sole sotto il Gianicolo, a motivo di certa differenza che va a divenire forense circa una descrizione e consegna di fondo appartenente allo slabbrato patrimonio del mio figliuolo. Pieno di fuoco nelle viscere e grondante sudore ho finito di mangiare un boccone per darmi ad intendere di aver pranzato, né prima delle 4 1/2 mi è stato possibile di fuggire in tua casa e in quella d'Annamaria. Il Sig. Giacomo è partito proprio in questo momento, mi ha detto la madre di Peppe; e ho da lei saputo che tu hai dimandato più volte di me. Lo so: avevi a dirmi qualche cosa. Ma che faresti? Scrivimela e ti servirò. Si danno circostanze per le quali si è costretti a mancar di parola senza colpa del proprio carattere. Salutami la tua famiglia. Colla testa svanita e dolente mi ripetoIl tuo Belli
LETTERA 305.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, sabato 16 giugno 1838
Ore 10 antimeridianeMio caro Ferretti
A primo uscire di camera ho questa mattina trovato sul mio scrittoio un plichetto a me diretto col subito di grazia. Dalle informazioni poi prese in famiglia ho rilevato esser provenuto il plichetto da mani odorose di stabbio; dimodoché dovendo forse venire da Albano e null'altro contenendo fuorché una lettera da consegnarsi a te subito di grazia, il latore qualunque ci ha subito serviti entrambi in mezzo alla rognonata.
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