Perch'io merto dolore e penitenza.
Oh abbiateci pazienzaSignor Ferretti mio, s'io scrivo male:
Non è colpa del nostro naturale.
Ho una penna animaleEd una certa carta e un certo inchiostro
Che ne bestemmieria sino il Cagliostro,
Il quale a tempo nostro
È stato come dire un santarelloDa pigliarne a biografo il Burchiello.
Voi avete cervello,
E conoscete pur che quando io scrivoSembro un Mastro Bodoni redivivo.
Non mi fate il cattivoDunque in veder le zampe di civetta
Di questo foglio scribacchiato in fretta.
Poi, chi la fa l'aspetta,
E voi mi spedirete letterineCome san farne i galli e le galline.
Ma è tempo di por fineA tutto questo anfanamento a secco,
Perché ho vuota la vena e asciutto il becco.
Vi saluta Ser Cecco
E il Deramone e il Balestriero e il Cianca
In quest'ultimo fil di carta bianca.
Voi passate la bancaDei saluti alle vostre quattro donne
Per le quali io vi mando un eleisonne.
E qui col come e ronneE busse ed altro sustanziale addobbo
Io mi vi inchino e vò a trovare il gobbo.
G. G. Belli
Bene le Anne Marie, le Caroline, i Peppi, e le due scale-a-lumaca dei Vincenzi e Pietrucci. Dei Checchi non me ne occupo un [...].
LETTERA 306.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, domenica 17 giugno 1838
Ben ch'abbia afflitti di dolor la golaE gli articoli tutti e i segnacasi
Pur mi ti faccio a dir qualche parola.
Erano ott'ore, od otto e un quarto quasi,
Quando stamane il vice-gobbo amicoVenne, ed io lieto al suo venir rimasi,
Poiché seco recava un tuo gran plicoGravido d'altro plico per colei
Che s'ha de' Pazzi il bel cognome antico.
Ed oltre al plico destinato a leiV'era pure un listel pel copri-testa
Di me e gran parte de' consorti miei.
Tosto io con gamba studiosa e lestaPortai l'uno alla buona Annamaria
E l'altro al Lopez, benché fosse festa.
Trovai Madama Pazzi in compagniaDella figlia e dei figli piccoletti:
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