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      Ito era il grande a qualche birberia.
     
      La salutai e il tuo plico le detti,
      Mentre Peppe, quel furbo farfarello,
      Veniami intorno a dimandar confetti.
     
      Pel Lopez, alla luce d'un portelloLo sorpresi mentr'era sbacchettando
      La cupola dell'ultimo cappello.
     
      Mi lesse il tuo biglietto sghignazzando,
      Aggradì i vale della tua famiglia,
      E altrettanti suoi vale io ti rimando.
     
      Or sono al mio scrittoio ed ho le cigliaFise in sul foglio tuo a me diretto,
      Che ha di stabbio più odor che di vainiglia.
     
      Tu dopo il pranzo e pria d'irtene a lettoMe lo scrivesti il sedici di giugno,
      Cioè ier, se il lunario il ver m'ha detto.
     
      Del tuo Gigi in talare codicugnoOdo i passi più franchi, e omai mi credo
      Che n'avrem certa la vittoria in pugno.
     
      Correr per casa e sgambettar lo vedoGiù pe' laureti della villa Doria
      E trascorrerli tutti in men d'un credo.
     
      Canta, Ferretti mio, canta vittoria,
      Né dell'aria vivifica d'Albano
      Fia per noi questa la men bella gloria.
     
      Quanto a Cristina tua cui va pian pianoRestando il capo ignudo di capelli,
      Non si sgomenti, o si sgomenti invano.
     
      A giovanetta mai non mancâr quelli,
      E presto ella n'avrà morbidi e lunghi,
      E belli come i primi e ancor più belli.
     
      Ma è forza che da questo io mi dilunghiPer dire un prosit alla tua mogliera
      Per le ingollate fragole ed i funghi.
     
      Làscialene mangiar tutta una fieraCon cipolle e con agli e citrïuoli,
      In casa e fuori, e di mattina a sera.
     
      Lenti aggiungavi pur, ceci e fagiuoli,
      E cicerchie e con simili civaje,
      Buona lega de' funghi prataiuoli.
     
      Quelli son cibi, e non ti dico baje,
      Da impinzarne la pancia a crepa-pelleE da cuocerne pentole e caldaie.
     
      Qual prò ti fanno i manzi e le vitelle?
      Qual prò l'acquaccia che diciam noi brodo,
      Da maledirlo in tutte le favelle?
     
      Porri mangi e radici, e ne la lodo,
      E vi rimangi su radici e porri,
      E rincacci così chiodo con chiodo.
     
      E se mai credi ch'io faccia lo gnorri


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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