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      Parlando come dire a badalucco,
      Ben fuor del vero, o mio Giacomo corri.
     
      Esser bestia vorrei come Nabucco
      Pria di dir cose che smentisce il cuore,
      Vorre' in bocca serrar lingua di stucco.
     
      Dopo il foglio del gobbo, a dodici ore,
      O, per parlar romano, a mezzogiornoN'ebbi un altro da incognito latore.
     
      Il qual, tuttoché giunto al mio soggiornoDopo quello del gobbo di Mandrella,
      Pur m'apparisce più vecchio d'un giorno.
     
      Sotto la luce della prima stellaMe lo scrivesti tu, Giacomo mio,
      Disceso appena giù di carrettella,
     
      Onde mandarmi affettuosi addioPer quanti amici tu lasciasti a Roma,
      Compreso il Maggiordomo che son io.
     
      D'Orsola chiedi tu? Porta la somaD'aspri dolor e molti al casto seno,
      E, infelice, ne geme attrita e doma.
     
      Se tu meco ne soffri anch'io ne peno,
      E per lei vo' pregando a giunte maniIl Signor Gesù Cristo Nazzareno.
     
      Buone nuove ti do del Maggiorani,
      Ma il polso della sua buona compagnaS'oggi è tranquillo nol sarà dimani.
     
      Ieri calcai per te piazza di Spagna
      Per sapere in tuo nome della vecchiaChe un giorno muore e un altro giorno magna.
     
      La morte halla tirata per l'orecchia:
      Venerdì le fu dato il sagramento,
      E a novo banchettar già s'apparecchia.
     
      Ed io povera coda di giumentoForse avrò appena il cinquantesim'anno
      Mentre alla ghiotta sarà dato il cento!
     
      Cesare intanto n'ha tutto il malanno,
      Pagar dovendo il medico e il chirurgoC'ogni otto giorni a sentenziar la vanno.
     
      Grazie all'alvino ubbidiente spurgo,
      Pari la vecchia all'araba fenicePuò dir morendo: post fata resurgo.
     
      Quella signora Emilia viaggiatriceChe insieme al Carbonarsi hai tu veduta,
      Di te gran bene e di tue donne dice.
     
      Ella pel Corpus-domini è venutaA Roma, e presto tornerà alla Fratta,
      Ma pria pel mezzo mio la ti saluta.
     
      A' tuoi due fogli la risposta è fatta:
      Non manca ora che darla al dromedarioPerché ti giunga difilata e ratta.
     
      Né credo, o mio Ferretti, necessario


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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