Dir ch'io m'inchino alla fama coruscaDell'inventor del gran vocabolario
Che farà un giorno disperar la crusca.
Il tuo G. G. Belli
LETTERA 307.
GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, lunedì 18 giugno 1838
Ore 10 antimeridianeAmice mi
Domi tuae scribo, ed ho davanti gli occhi, e fra momenti sotto le mani il volume Celsiano. Te lo spedisco oggi pel solito famoso canale Mandrelliano. Ho ricevuto, e già l'hai capito, la tua del 17 unita al pacco libri (Hugo e Byron) da riporsi nelle scancie.
Insieme col Celso avrai dai vetturini del Mandrella due altre spedizioni, cioè una mia epistola di ieri e un paio di scarpe di jeri sera. Non è partita stamane alcuna vettura. Dunque, io ho detto, chi porta 30 può portare 31.
Il vetturino (lo credo tale e tale disse di essere) che portò il tuo pacco di libri girò tutta la contrada, si scontrò in Annamaria, etc. etc. ma diligente come un cane da caccia volle fiutar proprio la quaglia, e sapeva egli il perché. Aveva più fiducia nella borsa del Signor Belli che non in quella della Signora Pazzi pel grande argomento del porto, o buona-mano, o beveraggio che sia. Però è stato puntuale.
La lettera al De Belardini va adesso. O la porto io, o Carolina in mia vece.
Leggerò questo gran sonetto di quello strafalario del Fumasoni. Ma i Luigi decimiquarti non vi son più. Peccato! Il Fumasoni si comprerebbe un palazzo; ed oggi potrebbe appena acquistarsi una a palazzina.
Abbi cura del tuo ventre; metti in bagno il piscione Prof. Cuppetana; saluta e le tue donne e il Bassanelli, e credimi il frettoloso tuo amicoBelli.
LETTERA 308.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, lunedì 18 giugno 1838
Ore 6 pomeridianeMio caro Ferretti
Al Sig. Belli soprannominato G. G. è arrivata due ore dopo il mezzodì una tua lettera unita ad altra per Annamaria, contenente quest'ultima un pacco pel Sig.
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