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      Orribile condanna!, ma che io pure affibbierei a certi arcadi amici miei e tuoi. Sonettare per omnia saecula saeculorum senza una bocca che dicati bravo, senza due mani che ti battan le nacchere! E chi sa che nel codice di casa non sia qualche articolo di tal fatta da vendicare il genere umano dai misfatti Fumasoniani, Barberiani, e via discorrendo? Ah! se il cielo m'avesse privilegiato della cistifellea dello Scannabue, vorrei scorticar loro quelle orecchiacce e far loro strillar caino peggio che non accadde ad Agarimante-Bricconio e ad Egerio-Porco-Nero.
      Ama il tuo Belli.
     
      Lo Spada nostro ti chiederebbe il Tibullo del Biondi per leggerlo, secondo che gli promettesti, e poi letto restituirtelo. L'hai in Roma? Vuoi dargliene? Profitto di questo cantoncello ch'era destinato all'ostia pria che la materia crescesse sotto la penna.
     
      LETTERA 309.
      A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, martedì 19 giugno 1838
      ore sei pomeridiane
     
      E sai tu, Giacomo mio, cosa ho fatto? Trovandomi fra le mani i libri da te inviatimi per riporli a dormire sino al suono di novella tromba, ed avendoli già installati a domicilio, un secondo pensiero più persuasivo del primo me li ha fatti ricavar fuori onde appagare il mio desiderio di paragonare la Tudor alla Borgia, e la Maria alla Lucrezia: non già per pescarci dentro le metafisiche simiglianze trovate dall'autore (o prima o poi che la penna sua gli avesse scritti) fra i drammi della Lucrezia e del Triboulet, ma sì coll'unico scopo di confrontarne i meriti letterarii fra i due lavori della Regina di Inghilterra e sulla Duchessa di Ferrara, sulla figlia di Enrico VIII e sulla bastarda d'Alessandro VI. Io aveva fatto conoscenza con quelle due famose eroine d'Hugo in tempi distanti e senza intenzione di metterle una accanto all'altra per vedere qual fosse più alta di spalle.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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