Ebbene, oggi ti dico, e, se vuoi, dammi torto, che l'inglese cede d'assai alla inspirazione italiana; e giudico di tanto superiore il lavoro della Lucrezia a quello della Maria di quanto l'obelisco del Laterano sovrasta ai pinoli granitici piantati per paracarri lungo la nuova strada del Corso.
Io credo in quel volo veder Hugo perdersi fra le nuvole, e in questo dibattersi fra le cupole e i tetti, sempre a vista di chi non s'alza da terra che per la virtù muscolare di un salto. Pochi certo sapranno anche sollevarsi all'altezza che il fantastico francese seppe segnare nella sua Tudor, ma fra que' pochi alcuno può lasciarselo sotto e fargli cader pietre sul capo; laddove sembra a me che, fatta estrazione dalle morali mostruosità e dalle sregolatezze della fantasia, il concetto della Lucrezia e la macchina di quella scenica azione stancherà sempre ed ali ed areostati di chi tentasse seguirlo pel cielo immenso in cui si lanciò lo scrittor temerario. Riderai, buon Ferretti, dell'ardire di un povero rettile par mio nel misurare i voli, e stabilir quasi una metrologia delle letterarie ascensioni. Eppure io ho una macchinetta ad hoc, uno strumentuccio assai attivo che in simiglianti speculazioni rade volte mi inganna: il cuore. Quando esso ha fortemente battuto, provo spesso la soddisfazione di trovare i suoi moti meccanici e naturali in armonia coi giudizi de' più riveriti cervelli della letteraria comunità. Nella Tudor io volevo commovermi: la Borgia mi commosse: là il mio cuore si agitava, qua mi balzava dal petto. Grazie intanto alla tua spedizione di libri: vi ho sopra instituito un esperimento in qualità d'uomo-spirito. Ciò mi darà un po' d'energia per sopportare il peso de' travagli come uomo-materia.
E sissignore, la tua lettera di jeri 18, fa or parte del fascicolo della tua cara corrispondenza, mentre il plico pel Vera aspetta il padrone in casa de' Pazzi senza congiura.
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