Perché non accadrebbe altrettanto in qualche testa? Fuor di celia; io credo che qualche fumigazione vaporosa potrebbe giovarti.
Non vorrei però che Bassanelli mi udisse e mi dasse la huée.
Passerò da Lopez per ricevere il pacco di cui mi favelli. Se peraltro tu parli del pacco di tre o quattro giorni addietro, l'ho già ricevuto.
Io ritengo fermamente che il tumore della povera Cristina sia il finis-coronat opus della storia del suo morbo, fonte di tanti rammarichi. Ne spero bene. E i capelli? Caddero sotto la forbice?
Non è a mia notizia l'avventura veliterna. Non potrà però molto tardare a spandersi sino alle mie non corte orecchie.
Qui ha piovuto due o tre volte. Domenica molto, lunedì meno, jeri poco. Purtuttavia la pioggia di ieri fu per me la più abbondante perché mi visitò le spalle.
Oh povero Gigio! Ravvolto fra la polvere come le carovane del Sahara fra i vorticosi monti di arena! Tienlo per mano, e se ti sfugge tiragli il capezzòlo. Tutto meglio che far la fine d'Encelado.
E se viene, e se lo visiti, e se lo vedi, farai il mio gran piacere salutandomi il Card. Micara e parlandogli di me, delle mie circostanze e della mia antica amicizia (allorché entrambi eravamo cerasa, adesso egli è ananas ed io osso di prugna). Un giorno gli farò conoscer mio figlio.
Maggiorani partirà dimani o forse anche venerdì. Questa sera vado a veglia in casa sua. Gli farò la tua ambasciata celiaca.
Il quadro di S. Giuseppe è quasi finito. Bosco ha fatto piuttosto quattrini. Io, che ne ho pochi, non ci vado.
Orsolina la strappicchia e ti saluta caramente.
Così tutti i tuoi amici ti salutano e ti abbracciano.
Tu dici a me: coraggio, Belli. - Coraggio, Ferretti mio, io ti rispondo.
Sono il tuo Belli.
LETTERA 321.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, giovedì 5 luglio 1838
ore 3 pomeridiane
Debbo, mio Ferretti, riscontrare oggi tre de' tuoi fogli di diversa data.
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