Finalmente ti scrivo anche senza detta notizia.
Dopo la metà di agosto spero poterti riabbracciare e passar pochi giorni vicino a te. I nostri affari mi richiameranno poi presto a Roma dove nessuno è che possa guidarli in mia vece. - Riverisci in mio nome gli eccellenti tuoi Sig.ri Superiori e specialmente l'ottimo Sig. Rettore che anelo di conoscere personalmente. - Allorché vedrai la tanto cortese Sig.ra Cangenna Micheletti dille molte parole amichevoli per te e per me. Sai tu che Ella avrà la bontà di ricevermi in sua casa pel tempo della mia dimora in Perugia? Un bel tratto di cortesia. Ritorno a te i saluti degli amici, de' parenti e degli antichi domestici. Ti abbraccio e benedico di cuore.
Il tuo aff.mo padre.
LETTERA 335.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, lunedì 30 luglio 1838
ore 2 pomeridiane
Son salvo, amici miei, son salvo alfine, e, come la buona memoria di Don Ciccio trovomi in questo beato Purgatorio onde affinarmi l'anima e renderla degna dell'eterna gloria: amen. E già da ieri, mentre tornando a Roma percorreva (un po' a sghembo per verità) l'archetto di meridiano che di sud a nord separa Albano da questo Caputmundi, ebbi preziosa occasione di esercitare quella virtù che più forse di tutte le altre sorelle è capace di mandarti al cielo per linea recta omnium brevissima. La pazienza dico, sì opportuna, sì utile, sì necessaria a chiunque trovasi fra gli attriti innumerevoli dell'uomo coll'uomo, attriti dai quali se cavi salvo il naso è prodigio. Entro una conchigliuzza univalva, decorata del festoso nome di carrettella secondo i neologi, e di basterna giusta le squisitezze arcaiche di Monsignore Azzocchi, io mi trovai stipato a dolermene le costole e i calli, con due villane e un canonico, che vorrei dir pretaccio se non me ne ritenesse
la reverenzia delle sante chiavi.
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