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      Coi lombi e le spalle contro un dorsale parallelo alla caduta de' gravi, io m'aveva in faccia una lentigginosa Madonna non so se muta o addormentata, ed al fianco sinistro il buon sacerdote che incrocicchiava un paio di gambacce bernoccolute con due specie di zamponi di Modena appartenenti all'altra donna concessami dalla provvidenza a compagnia di tre ore della mia povera vita. Sozza, maltagliata e ruvida quanto una vezzosa figlia dell'età dell'oro, beavami l'olfatto con profumi d'aglio e sudore, la vista con un mascherone di muso incorniciato alla ebraica entro un moccicchino color di brodo di cicerchie, e l'udito con scempiaggini degne della comare di Cacasenno. Eppure Messer lo Calonaco pareva andarne in visibilio, tante erano le sghignazzate e tanti gli occhiolini che le rendeva in ricambio de' culinari frizzetti lanciatigli da colei alla vita; cosicché se a tanto vogliasi aggiungere qualche non infrequente strettarella di artigli che succedeva sotto il coperchio di un cappello a tre pizzi sostenuto dalle quattro ginocchia e coperto da un fazzoletto del prete (bianco quanto neve inzuccherata d'ossido nero di Manganese) se ne dovrebbe conchiudere a scapito della carità esistere già fra quelle due bell'anime un certo rapporto magnetico da far recere per arcano consenso i più intrepidi stomaci di Tartaria.
      E difatti la gentil coppia smontò ad uno stesso portone ed andossene al diavolo come Paolo Malatesta e Francesca da Polenta. Nulladimeno il buon prete era dotto in ogni rubrica dello scibile, sì che varrebbe a mettere in tarantella la geografia di Maltebrun non che la storia ecclesiastica dell'Orsi. Allorché presso alla scomparsa Torre di Mezzavia, incontrammo l'ottimo D. Miguel de Braganza Alcantara, che portato da quattro cavalli, come Fetonte nel giorno della famosa ribaldatura, tornava a fecondare le vergini d'Alba, narrò il sacerdote alla sua fragrante catecumena quello essere il vero, legittimo e naturale Re de' Portogallesi, per distinguere i figli del Portogallo dalle frutta d'arancio.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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