Ieri sera il vice-Consolo ne richiese in mia presenza al Conte Broglia Ministro plenipotenziario di S.M. Savoiarda. Non si è veduto. D'Eramo mi condusse dal Ministro per un mio imbroglio, cioè per l'imbroglio di un imbroglione che ha imbrogliato la povera mia moglie, ed ora vuole imbrogliar me, e m'imbroglierà, malgrado del Conte Broglia che non ama gl'imbrogli!
Salutami capo per capo chi ti appartiene per sangue e per amicizia.
Sono il tuo Belli che ti abbraccia.
LETTERA 341.
A GIACOMO FERRETTI - ALBANODi Roma, giovedì 9 agosto 1838
(ore 8 antimeridiane)
Io già ve l'ho avvisato un'altra volta colle buone, sor coso mio, e voi ci ricascate. Ma che diavolo m'esci ogni tanto a parlare di conti e di saldi? Questi sono pensieri da accogliersi in mente dopo le ferie autunnali. Passerò a Carolina il residuale scudo per agosto, passerò tutto il passabile a chiunque occorra di passare quel che tu vuoi passare, e finiscila per amor delle anime sante del purgatorio. Non m'infradiscià, direbbe un parente di Pulcinella. Io invece ti dico e ti replico: chiudi quella malnata boccaccia in un profondo necessario silenzio. La partita poi della riconoscenza, che tu vuoi serbar sempre accesa, è la più strana bislaccheria che ti vien su pel cervello. Se io avessi anche operato qualche nonnulla per te, dimmi non avresti tu fatto altrettanto per me in consimile circostanza? Dunque eccolo tutto saldato liquidato e ammortizzato questo benedetto articolo della riconoscenza. Tu pensa, pensa a rinfrancare la salute tua e quella della tua buona figliuola.
Il resto è baia che non monta un frullo,
E non val manco il picciolo sesterzioChe si spendeva a' tempi di Catullo,
E d'Ovidio Nasone e di Properzio.
Dabitur scutum riccianum Annae Mariae de dementibus, cito, illico et immediate. Vidi eam aliquantulum reimpellicciatellam in coloribus et carnibus suis ob aerem Albae et triclinia Jacobi; nec amplius faciunt sua crura Jacobum.
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