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      Quindi scende al giovane la obbligazione di fare per tempo tesoro di cognizioni e di virtù, onde, giunto alla maturità, godere del titolo onorato di savio che in ogni tempo fu specialmente ai vecchi (seniores) attribuito.
     
      Ciro, la giovinezza è pari al Sole
      Che mentre il mondo a illuminar si apprestaRallegra il colle, il prato e la foresta
      E fin le balze più selvagge e sole.
     
      Presso a lei tutto si compone in festaE germoglian dai vepri le vïole,
      Mentre la fredda senettù si duoleDi viver pigra, abbandonata e mesta.
     
      Ma un Dio regola i fati; e se quei diennoAl giovane vigor, gioia e salute,
      Fer grande al vecchio un altro dono: il senno.
     
      Tristo però il mortale, o filiuol mio,
      Che nemico del cielo e di virtuteChiuderà l'intelletto al don di Dio.
     
      Io già sapeva aver dato il Bosco un'accademia in Collegio, ed era persuaso che dovesse averti divertito.
      Riverisci i tuoi Sig.ri Superiori e chi ti chiede di me. Abbiti mille saluti de' parenti ed amici nostri, e così degli antichi domestici. Sta' bene, divertiti, e ricevi benedizioni ed abbracci dal tuo aff.mo padre.
     
      LETTERA 351.
      A CIRO BELLI - PERUGIADi Roma, 3 novembre 1838
      Mio carissimo figlioDal cortesissimo Signor Fiorelli mi è stata recata la tua lettera del 28 scaduto ottobre. È dunque finito questo ottobre, durante il quale tutti sogliono darsi a qualche ricreazione per ristoro dello spirito, affaticato nell'esercizio de' rispettivi doveri. Ora ciascuno va ritornando a poco a poco alle interrotte occupazioni e al disimpegno delle proprie incumbenze. Ancor tu, mio buon Ciro, ti prepari di già a riprendere i tuoi studi, quegli studi che debbonti far uomo; e mi piace che fra i motivi dai quali sei spinto a procacciarti istruzioni ed onore, abbi tu contemplato anche quello del decoro del tuo Collegio. Dicesti benissimo, imperocché poco buon nome il Collegio ricaverebbe da allievi fiacchi ed asinelli.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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