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      Tu me la nomini piccolo raffreddore; ma sarà stato poi così piccolo? In questo caso credo non ti avrebbe trattenuto dallo scrivermi, perché so quanto t'è al cuore il farmi piacere. Ad ogni modo però mi rallegro nell'udirti già guarito, e in ciò mi fido della tua sincerità.
      Trovo soddisfacentissime le ragioni del non dato esame trimestrale nel greco, ed assai mi compiaccio delle ottime tue disposizioni d'animo per adeguare nel futuro sperimento i successi che ottenesti nel passato circa alle filosofiche discipline, soggetto degli attuali tuoi studi.
      Ecco dunque passata anche in quest'anno la mia festa, cioè il giorno sacro al Santo del mio nome: presto poi verrà il giorno del tuo natalizio, il 12 aprile, in cui tu compierai l'anno 16° ed entrerai nel 17° dell'età tua.
      Si corre, Ciro mio, di gran passi verso la gioventù: si va rapidamente incontro alla comparsa che dovrai fare nel Mondo. Questa sola idea basterebbe a dover cacciar fuori della tua mente tuttociò che di fanciullesco vi fosse ancora rimasto. Io però non credo che nel tuo spirito alberghi più nulla di puerile e di fùtile, e parmi averne prove confortatrici negli esteriori segni della tua condotta. Pènetrati bene, o mio buon Ciro, di questa massima, cioè che quando fra pochissimi anni la società e la legge ti chiameranno uomo e ti dichiareranno in possesso di tutti i dritti della umana convivenza, tu cogli atti della tua vita sarai in debito di mostrare come realmente già ti convenga quel nome.
      Uomo non deve dirsi soltanto colui che tale fu reso dagli anni, ma principalmente e assai meglio e con maggiore giustizia chi mediante i suoi meriti di spirito e di cuore può dimostrare quanta distanza passi fra le leggerezze del ragazzo e la maturità di quell'Essere creato da Dio per signoreggiare la terra con tutte le altre sue creature.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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