Della Vostra salute Voi nulla mi dite di positivo; ma lo stato del Vostro spirito non può certo averla assai migliorata. Io sto sempre al solito, né mi ha pure giovato un ultimo tentativo che, per compiacere agli amici, ho fatto contro mia voglia e persuasione. Mi sono curato anche colla omiopatia. Nulla; come già doveva accadere, perché ex nihilo nihil.
Rimettiamoci al tempo, e vediamo se almeno in quest'anno volesse giovarmi un viaggetto a Perugia; benché la inutilità del simile viaggio del 1839 non apra molto il cuore a speranze. Io partirò per quella città il 15 agosto, giorno in cui a più felici tempi io soleva festeggiare il nome e la nascita della mia buona Mariuccia. Oggi quel giorno mi torna cagione di lagrime, non assai diverso dal 2 luglio che vide chiuder gli occhi a quella affettuosissima donna. Entrambi questi giorni mi sono imminenti; ma pure nel secondo mi sarà temprata l'amarezza dal pensiero che in quello io mi moverò verso la dimora del mio caro e virtuoso figlio.
Ora con mia vergogna io scendo a parlarvi delle mie solite importunità. Nella precedente Vostra lettera 29 marzo (da me riscontrata il 3 aprile) mi spediste gentilmente un ordine di scudi trenta per saldo de' due ultimi trimestri del caduto anno 1839 sul sequestro Trevisani, e mi diceste che i pochi paoli che avvanzavano in più del detto ordine, fossero da me ritenuti a conto del primo trimestre anno corrente, che sareste andato ad esigere. Non so poi se le Vostre brighe vi avranno permesso di procurare l'incasso del ridetto primo trimestre scaduto il 31 del nominato mese di marzo; né la Vostra recente lettera mi dice su ciò alcuna parola. Conosco benissimo quanto io debba riuscirvi molesto con questo mio affare, ma, caro Neroni mio, debbo alimentare mio figlio, e questo grave mio debito altera la discretezza del mio carattere.
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