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      Io voglio esserle sempre amico a Suo modo. Badi però, ché di troppo modesto potrebbe Ella mutarmi in un superbetto degno d'andar in ginocchio a pranzo col gatto.
      Mi sono assai scandolezzato in udire come in una carrozza di religiosi volesse ficcarsi, non chiamata e non munita di passaporto, quella tale sprocedata Signora, che appiattatasi fra le tasche del reverendo viaggiatore vi annunziava in modo la sua presenza da farvi poi tutti esclamare con Messer Berni
     
      Io non poteva valermi degli occhi,
      ... ma adoperava il nasoPer conoscer le spade dagli stocchi.
     
      Nella mia lettera che scriverò a Ciro, darò buon luogo a' Suoi saluti per lui, e son sicuro che li riceverà egli con altrettanto piacere con quanto dispiacere udì esser Ella passato di Perugia senza che potesse egli personalmente riverirla. Egli, Ella, egli... benedette queste terze persone! Imbrogliano la sintassi senza accrescere un jota al rispetto. Un'altra volta dimando scusa e permesso, e do di mano al Voi. Il discorso fluirà meglio, né i miei sentimenti ossequiosi ne scapiteranno di un acca. Per oggi mi confermo col vecchio stile.
      Suo vero a.co e servitore obb.mo G. G. Belli
     
      LETTERA 398.
      A RAFFAELE CINI - FIRENZEMio caro Cini, alias Raffaele, alias Lello
      E così come va? Vi siete poi ingrassato a strappa-bottoni? Son curioso di vedere se a trippetta l'avete fatta in barba a Riotti. Sarebbe una bella gloria per voi il poter dire a quell'orgoglioso sergente: Miserabile! Eccoti una mia sottana, e vi sciacquerai dentro come una noce in un sacco. Tutti qui aspettano in voi un nuovo P. Mariano da Alatri, un altro eminentissimo Vidoni, un formidabil emulo di Madama Sebasti! Macte animo, mio buon Lello. A Roma non mancan mutande e calzoni, né la Presidenza dell'annona ha tanto scarse risorse da non saziar l'appetito de' giganti Golia e de' colossi di Rodi.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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