E voi come state?
LETTERA 407.
AD AMALIA BETTINI - TORINODi Roma 6 febbraio 1841
Mia carissima Amalia,
alle ore 4 pomeridiane del lunedì 23 novembre 1840 mi udii chiamare a nome sulla piazza Rondanini da una voce tra cognita e incognita che mi suonava dietro le spalle. Ti giuro sull'onor mio e sull'affetto che sento per te, mia cara Amalia, che in quel momento io andava pensando al n° 20 dove abitava già una certa maga... Mi rivolsi e mi vidi accanto il Sig. Viviani, che mi disse: Io doveva venire da lei con un'ambasciata della Sig.ra Bettini: ma ho avuto un'infermità in famiglia e ho tardato a fare il mio dovere. E che dice la Bettini? Dice che se Belli non le scriverà, Ella non gl'invierà più una parola del suo carattere.
Amalia mia, io credei che o scherzassi tu o celiasse Viviani; ma il tempo seguita a correre, e mi accorgo che parlavate entrambi sul serio. Dunque tocca a me.
E come puoi essere inquieta con me, Maga mia del num. 20, quando io ti scrissi il 25 luglio 1839 a Ravenna, in risposta alla tua 2 luglio in data di Faenza? Come ti regge l'animo di mandarmi simili minacce quando io nella quaresima del 1840 ti spedii a Milano per mezzo del tenore Castellano un mio libro in-8° di poesie, che consegnai a lo stesso Castellano in casa Ferretti l'ultimo giorno di carnovale? Il Castellano poi scrisse a Ferretti da Milano assicurando di aver adempiuto a tutte le commissioni. E tu mi hai sempre pagato a silenzio fin dal 2 luglio 1839! Io non so più dove vai, non so più cosa pensi, non so più... Sèguita mo a starmi col muso e a guardarmi stracciasacco! Io sì che sto in collera con te, ma in una collera, in una collera, che se ti avessi adesso avanti a me ti prenderei una mano e te la schiaccerei contro le mie labbra. Scrivimi dunque, Amalia mia, e spiegami come sono andate le cose.
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