L'ultima sera che ti visitai, essendosi fatto un po' tardi, non potei vedere il convalescente Peroletto Monaldi. Ti sarò grato se me ne darai qualche notizia.
Ti abbraccio e benedico affettuosissimamente.
Il tuo Papà
LETTERA 411.
AD AMALIA BETTINI - TORINODi Roma, 16 marzo 1841
Vedi, mia cara Amalia? Faccio come que' del contado, che non ti vengono a casa che non rèchinti una serqua d'uova o un castelletto di noci. E tu stendi leggiadramente la mano e fai buon viso a' miei doni di magro. Ma come si fa? Tre pagine ho pure da empirtele. Veramente di cose n'avrei in petto da dirtene: ma le son delicate, e per le centinaia di miglia si sciupano, e svaporano peggio che non è l'acqua del tettuccio. Quelle son parole da spingersi alla distanza al più d'un tavolino da giuoco; e da Roma a Torino corron più palmi che non ne bisognerebbe di sciamìto per fare una gonnella da nozze alla luna. Or tu m'hai scritto una lettera da Maga; e guàrdati bene dal venire più a Roma, perché io ti accuso quale distillatrice di filtri. Eppure, oh come ti rivedrei volentieri, dovessi anche morir bruciato con te! Sciogli tutte le scritture: legane una sola che ti riconduca fra noi. Ma dalle tue dubbie parole io lo travedo: tu ti mariti, e allora addio Roma, addio Dante, addio meriti e ricompense; addio regina e poeta cesareo! Ho passato il Carnevale a Perugia presso il mio Ciro, che sul principiare di ottobre verrà ad aspettarti anch'esso presso le rive del Tevere. A Perugia ebbi altri tuoi saluti dal Conte Ranieri che ti vide anch'egli a Firenze. Buona Amalia! mi ricordi davvero? La tua predecessora nella real compagnia sta per giungere a Roma. Ferretti è già in moto pe' ricevimenti. Egli fra malattia e malattia strappa la vita scrivendo, urlando, battendosi come un leone. Oggi è in letto, dimani correndo che bravo chi l'arriva.
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