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      Cristiani! accattateve chiss'auciello raro. - Quanto ne pretendi? gli dimandò il compratore del perrocchetto. - Ciento ducati, rispose il lazzarone. - Pazzo! per un gallinaccio?! - E ggnossì. N'avite pavato ciento pursì pe cchill'àuto? dice. - Infatti il grave pollo stava lì grufo, immobile e meditabondo, quasi ponderasse i mezzi per pacificare l'oriente e l'occidente. Ora tu mi hai spedito un animaletto che parla: io vorrei rimandarti una bestiola che pensa. Ma questa è un gallinaccio: sono io: soggetto appena invidiabile a un cuoco, anziché ad una bella e gentil Signora. Ed eccoci, non volendo, ad un altro proposito: il cuoco. Verrà a te dunque il cuoco invece del gallinaccio. Di questi ne troverai dappertutto. All'incontro il mio cuoco è un personaggio importante, un Monsieur uscito pur mo dalle cucine di Pindo e d'Elicona, dove non si sarebbe mai creduto potesse venirne uno a spese delle frugalissime muse, contente alle focacce di segala e a' liquidi cristalli del fonte Castalio e del caballino Ippocrêne. Egli lavora alla francese: leggiero.
      La Marchionni è partita, ed io non l'ho neppure conosciuta. Da Ferretti ci vo capitando di giorno: la sera sto a casa. Eppoi, se fossi anche intervenuto a qualcuna delle soirées date dal Ferretti in di lei onore, non avrei forse fatto che vederla ed udirla, perché in simili circostanze io mi rintano in un cantuccio e non parlo mai. La gioia di una conversazione non mi dà invidia, ma mi rattrista, mi sbigottisce, e mi riduce fino alla incapacità di aprire la bocca. Per non rappresentare dunque la parte de' chillo che ppienza, mi astengo dall'associarmi a chillo che parla. Il cuoco mi toglie la carta per accenderci il fuoco, né mi concede altro spazio che per un saluto amichevole alla tua mamma e alla nostra appiccicarella. - Ti ho salutato Coleine e la casa Ferretti, che ti corrispondono.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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