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      Ma che potrò dirti? Non altro che assicurarti di avere io pianto e piangere tuttora di tenerezza. Figlio mio, Iddio ti rimuneri del bene che mi procuri. Ecco fatto il primo passo nella carriera dell'onore: eccoti già acquistato un titolo alla considerazione e al rispetto degli uomini. Poi verrà il resto.
      Come ti esprimi con grazia, verità e candore! Adesso (tu dici) che mi son levato questo peso, do addosso alla lingua latina etc. etc. Bravo, Ciro mio; questo si chiama saper approfittarsi del tempo, e conoscere i propri doveri.
      Ti stringo al mio cuore, e ti bacio coll'anima sulle labbra.
      Il tuo affezionatissimo padre.
     
      P. S. Il Sig. Stanislao Bucchi mi ha mandato per te tre risme di bella carta inglese. La troverai al tuo giungere in Roma. Io l'ho oggi ringraziato in tuo nome. Tutti sapranno i tuoi belli successi.
     
      LETTERA 426.
      ALL'ONOREVOLE SIGNOR CIRO BELLI -
      BACCELLIERE IN FILOSOFIA - PERUGIADi Roma, 27 luglio 1841
      Ciro mio caroNella tua lettera 20 corrente trovo che tu contrasti nelle mie intenzioni circa al nuovo titolo da me adoperato sull'indirizzo dell'antecedente mio foglio. Sino al conseguimento del baccellierato io ti aveva sempre ritenuto per un buono e studioso ragazzo, ma non ancora meritevole di pubbliche considerazioni. Oggi però che la società ha cominciato a rimunerare le tue fatiche con un fregio riconosciuto dalle civili instituzioni, è ben giusto il concederti qualche nome che indichi il concetto che tu principii ad acquistare nella opinione degli uomini. Gli antichi romani, grandi maestri di civil sapienza, usavano poco diversamente co' loro fanciulli, i quali poco considerati sino all'anno 17°, lasciavano allora la praetexta e la bulla per assumere la toga virile in segno del loro progresso nel consorzio degli uomini, e affinché comprendessero che non più puerilmente ma virilmente doveva quindi impoi da essi trascorrersi la vita.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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