LETTERA 431.
A FRANCESCO SPADA - ROMADi Perugia, sabato 18 settembre 1841
Una lettera a Messer Cecco da Varlungo bisogna pure scarabocchiarla, benché avrei pur tanto gusto di starmene qui con le mani una di qui e l'altra di là nelle tasche de' bragaloni. Ma chi poi vorrebbe sentire quella vociaccia tua fessa come una canna spaccata di fascina accusarmi di sconoscenza e di poltroneria e di asinità per tutte le case de' galantuomini e de' non galantuomini della nostra santa Sionne? Né mancherebber corbacci a far coro alle tue scornacchiate come se io mi fossi venduto schiavo delle buone creanze e di chi vuol pensarla sempre a suo modo, anziché mostrare qualche maledetta indulgenza pe' comodi altrui.
Dunque state bene tutti? Me ne consolo tanto. E io? La testa tentenna un po', ma tiriamola innanzi. E Ciro? Guai a chi non rispetti i suoi polsi.
Ecco Mezzanotte, cioè il professore. Buona notte anche alla lettera. Ma presto ci rivedremo, e allora chiacchiere a bigonzi. Intanto saluta tutti, come ne incaricai Biagini il 14; e di' a Pippo che su quel tale foglio a stampa dimenticai aggiungere a penna il N.B. che posti per nuovi matti sinora ne mancano.
Presto però dovrebbe, per sua disgrazia, risanare qualche matto vecchio, e allora ne sarà avvisato a Roma.
Addio, Checcarello, pigliati un abbraccio a prova di torchiodal tuo Belli.
LETTERA 432.
A FRANCESCO SPADA - ROMADalla stazione di Terni, venerdì 1 ottobre 1841
Carissimo signor Spada
Scrissi da Perugia una lettera al carissimo Signor Spada e un'altra lettera al carissimo Sig. Biagini, né ad entrambe o a sol'una di esse ebbi riscontro dai due carissimi Signori né a Perugia né a Terni. Ma questo non conclude. Quello che interessa è che i prefati due carissimi Signori stieno bene ciascuno per la parte sua, e di ciò voglio esser sicuro non che lusingarmi.
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