Intanto sta per andarsene il Carnevale dal mondo, tu stai per partirtene da Torino, ed io non ho ancora soddisfatto né il mio dovere né il mio desiderio. Per adesso rimediamola, dunque, così: ti mando innanzi queste poche parole prosaiche e frettolose, per chiederti dove passerai dopo lasciata Torino. Saputo che lo avrò da un tuo cenno, torrò sù la mia penna de pollin e ti sciorinerò giù 48 ottave, tutte d'un medesimo inchiostro, le quale comprenderanno le glorie del Sarto e del Parrucchiere, vanto e orgoglio del secolo.
Ben dicesti, mia buona Amalia: avrebbe piaciuto anche a me la conoscenza del Pellico, felice ingegno italiano; siccome, potendolo, avrei fatto anche un viaggio per vedere accoppiate in una stessa persona e la Amalia e la Iginia. - Divenisti dunque anche una Medici? Eri una Medici allorché, provando la tua parte, mi scrivevi il 6 luglio? Di tante medicine io però non vorrei fuorché il dirti col Tasso: E tu chi sei, medica mia pietosa?, ma questo nel più platonico e metafisico senso che avesse passo nel Collegio della Sorbona, perché né alla età mia convengono altri sensi, né in meno onesto modo potrei accoppiare al devoûment la considération e il respect che son la impresa dell'ultimo tuo bigliettino alla rococò.
Or poi mi volgo con cento saluti e mille baci di mano e un milione di auguri di buona salute e felicità alla tua Mamma e alla tua sorella appiccicarella, alle quali odo con piacere che presto ti porrai in stato di dar nipotini. Amen amen, e chiamane uno Giuseppe-Gioachino. Il cognome resterà a me perché io sempre rimanga il tuo aff.moBelli
LETTERA 439.
AD AMALIA BETTINI - BOLOGNADi Roma, 19 maggio 1842
Mia buona Amalia, ancor questa volta i versi caccian fuori la prosa. Ma tu vai a nozze, e ti abbisognava un sarto ed un parrucchiere che ti acconciassero nel giorno de' tuoi capitoli.
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