Fui alla Trinità de' Pellegrini. Fra gli altri confratelli serventi vidi un prelato che, tutto in faccende, andava chiedendo qua e là: fratello, volete acqua? fratello, volete pane? ecc., e sembrava così un modello di umiltà e d'amor fraterno. Io salutai questo prelato che conosceva assai bene. Mi guardò egli gravemente, e appena mi degnò d'un cenno di capo. La maraviglia allora e lo sdegno di quell'atto d'orgoglio sì mal celatomi fecero bollire nel povero indebolito cervello i 32 versi che ti trascrivo, e che sono il miracolo di cui ti parlava:
Anch'io colà, fra il militare ospizioDe' frati Cavalier di San Giovanni
E l'ostel dove la sventura e il vizioD'innocenti famiglie impegna i panni,
Nel cenacolo entrai fatto a servizioDi ghiotti vagabondi e saccomanni;
E vidi per superbia d'umiltateGuattero il prence e bagaglion l'abate.
No, umil non è colui che, a mercar lodoPer corda ai lombi e vesta di guarnello,
Con ramaiuol in man dispensa il brodoE condisce le acciughe e il ravanello
A sozzo pellegrin che in dolce modoPer una sera o due chiama fratello,
Mentre che al nuovo dì, fiero e protervo,
Appena gli daria nome di servo.
Umiltà è quella che fra pompe e agiMantien bassi i pensieri del signore,
Né vieta asil né morbidi palagiAi tanti aspetti dell'uman dolore.
Quella è umiltà che a' lodator malvagiChiude l'orecchio e ne difende il cuore,
E con opre d'amor vive e fecondeFa il ben sempre e dovunque, e lo nasconde.
Ma quest'altre umiltà prestabilitePer computi d'oriolo o d'almanacco
Queste doti ora assunte ora smarriteSol col vestir e lo spogliar d'un sacco,
Queste virtù stampate e ricuciteSotto fibbiagli in lucido sommacco,
Smorfie son tutte e scene da figuraChe lascian l'uomo nella sua natura.
La Clelia Cini è guarita. Orora andrò a visitare quella buona famiglia e le porterò i tuoi saluti, che essa sempre e ricambia e previene.
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Trinità Pellegrini Cavalier San Giovanni Clelia Cini
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