O non cammina, o, se cammina qualche poco, raccoglie i ferri di tutti gli altri oriuoli del Mondo cattolico. Qualche canchero ci dev'essere entrato a mia insaputa. Ma io non sono medico per farne la diagnosi né la prognosi.
Alla tua clinica verremo in chiaro della faccenda. Servomi intanto dell'oriuolo di Ciro per contare quante ore sto lungi da te e dagli altri amici, che già mi paiono scorse a milioni.
Ti abbraccio, Checco mio, e Ciro ti abbraccia con effusione d'affetto.
Conservati, sii buono, e arrivederciIl tuo Belli.
LETTERA 473.
A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - S. BENEDETTO[19 novembre 1844]
Mio carissimo amicoDopo la precedente mia lettera accaddero nel mio viaggio varii cambiamenti, così rispetto all'itinerario come alla durata, avendo io ottenuto delle proroghe al permesso di assenza dall'uficio per motivo della pertinacia del mio mal di capo. Insomma questo non ha mai fatto tregua; e tornato io a Roma e alle solite mie occupazioni, si è anzi vieppiù inasprito, gittandomi in non poca costernazione per l'avvenire.
Ciro sta bene ed ha ripreso i suoi studii alla Università, ove deve percorrere il quarto ed ultimo anno del corso legale onde nel futuro luglio guadagnarsi la laurea. Ne' nostri privati colloquii spesso da noi si ritorna al discorso sulle tante e graziose testimonianze di bontà e di amicizia dateci da Voi e dalla vostra cara famiglia durante il nostro soggiorno in codesta ospitalissima e deliziosa vostra abitazione; e soffra la vostra modestia che io Vi ripeta anche in nome di Ciro, che pochi uomini sanno essere obbliganti cogli amici al pari di Voi, seppure tutti non li superate; nel che seguono assai bene il vostro costume e la Vostra Signora e i Vostri figli e la gentilissima Nuora, ai quali Vi preghiamo ricordarci con affettuose parole, come ancora al Sig. D. Flavio e alla moglie, facendo poi molte carezze per noi alle amabili creature vostre nipoti.
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