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      Biagini riscontrò la mia lettera del 3 nella vigilia del giorno delle sue glorie, del giorno cioè della sua partenza fra quelle due delizie di donnette una per fianco ad uso di manichi di piluccia. Beato lui! Quando si è privilegiati dalla fortuna, vedete con quanto poco si può acquistare pel Mondo la celebrità! E non dirà fra poco l'Omnibus di Napoli che D. Domenico Biagini di Roma ha seco portato un serraglio? Badate, sapete, Sor Checco, ch'io scherzo, e scherzo davvero; e ve ne avviso perché non abbiate a divertirvi in commenti.
      Ti assicuro, Checco mio, che le notizie da te datemi sul conto della Cardinali mi fanno gran pena, perché vedo completamente svanito anche quel filo di speranza che alcuni pur volevano riporre ne' probabili buoni effetti del parto. I fenomeni delle ultime convulsioni sembranmi tali da inspirare piuttosto timore di un più funesto avvenire. Mi figuro lo stato di angoscia in cui deve vivere il marito, il quale ha già sufficienti motivi nella sua stessa persona per tenere aperto il cuore a sentimenti tutt'altro che confortanti.
      Circa alla mia salute Messer Raffaello Lopez si attiene nelle sue relazioni al sistema comune di quelli che badano più alla cera che non ai fiotti dei galantuomini. Dicono tutti che ho una buona cera. Per la cera esterna mandiamola buona, se assolutamente voglion così. Ma se di fuori è cera, dentro è sevo, come nelle candele de' festini. Sto sempre co' reumi per le tasche, e della testa ne farei cambio con quella del mio vicino Abate Luigi.
      I tenenti Ricci e Carroti ti rendono mille saluti. Essi stan bene e lo dicono.
      Dell'Accademia tiberina, del bosco Parrasio, della prosa del Cav. Servi, dei matrimoni Boschi e Allegrini degli Accademici incolti, del Concistoro dell'11, dello Statuone a S. Pietro, hai fatto molto bene a tenermene parola; ma se non me ne avessi parlato, non mi sarei preso collera per la omissione.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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