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      Puoi immaginare il contento di noi tutti di rivederla così presto, cosa che si credeva davvero passare molti anni".
      Pesa queste parole, caro Checco, le quali dicono molto e per me non dicono niente. Come diavolo se la saranno impicciata? Cosa diavolo avranno stabilito a mio riguardo? Indovinala grillo. La più probabile mi sembra che per ora inzepperanno i vegnenti alla meglio, o alla peggio, salvo l'intimo poi a me di sloggiare al più presto. La vorrà esser da ridere. Siccome non parrebbe possibile che né tu né Biagini mi aveste mai scritto una parola di simil pendenza, io ti prevengo (e tu previeni Biagini, se torni a Roma prima di me) che dirò avermi voi altri data la semplice notizia del ritorno di Orsolina senza altre aggiunte o riflessioni. Così, parmi, andrà bene. Questa è una faccenda che mi tiene assai di mal'umore, specialmente nello stato del mio spirito così attaccato alle consuetudini e pauroso de' cambiamenti di vita. Ah! feci malissimo nel 1837 a cedere alle istanze di riunirmi con loro! E furono istanze vivissime.
      Dicesi qua che Mons. Tizzani torni presto, ma ignorasi quando. Noi siamo in Vescovado ove tutto era preparato per riceverci.
      Addio: la posta si chiude. Saluti da Ciro e miei a tutti gli amici che vedi.
      Ti abbraccia di cuoreIl tuo Belli.
     
      LETTERA 485.
      A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - S. BENEDETTO[20 dicembre 1845]
      A. C.
      Sono stato più giorni perplesso in quai termini avrei dovuto riscontrare la vostra 7 corrente responsiva alle mie due 24 ultimo luglio e 29 p.p.o novembre per essere essa concepita in un senso gentilissimo sì, ma insieme tale che non evade affatto la faccenda che da tanto tempo verte fra noi.
      Comunque sia, le concilianti parole che in quella adoperate mi hanno alfine indotto a mantenere con voi il medesimo stile pacifico nel darvi una rapida analisi delle vostre espressioni onde mostrarvene il vuoto intorno al fatto del nostro bilancio, vuoto che da qualche anno si trova sempre nel vostro carteggio su questa benedetta faccenda.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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