Restiamo pertanto di accordo, Ciro mio, che tu alle mie lettere risponderai nel giorno consecutivo a quello in cui le avrai ricevute, tranne qualche caso di molta urgenza.
Nulla di più dolce e consolante avrei potuto trovar nel tuo foglio quanto la notizia della tua buona salute, datami da te con sì positive e rassicuranti parole. Circa al mio andare in campagna, mi regolerò con prudenza: non dubitarne.
Dopo averti spedita la mia antecedente nello scorso lunedì 31 maggio, vidi Vannuzzi e Babocci, il primo de' quali s'incaricò di far nella giornata conoscere il mio arrivo a Governa. Venne questi infatti a cercarmi verso la sera, ma non avendomi trovato (perché io era andato a passeggiare con Monsignore) tornò jeri mattina, e si discorse alcun poco. Non è ancora fatta la perizia dell'abusivo, ed anzi delittuoso, taglio di querce eseguito da quel tal carbonaio nella tua macchia. Dice Governa che il perito di cui egli si serve non ha sino ad ora potuto recarsi colassù. Fra pochi giorni peraltro vi andrà. Si darà quindi querela contro il reo, il quale però si dovrà far convenire presso il Governo di Amelia nel cui circondario è domiciliato.
Con Governa venne lunedì a cercarmi anche il Roncetti, che in quel giorno trovavasi casualmente qui in Terni. Avendo però dovuto ripartirsene nella medesima sera, tornerà quanto prima.
Non ho ancora potuto vedere la famiglia Vannuzzi. Jeri mattina mi diressi verso la loro casa, ma dissemi Peppino che tanto la moglie quanto le figlie vi erano assenti.
Io passo qui tutte quasi le mie ore presso il nostro impareggiabile Mons. Tizzani, discorrendo con lui dalla mattina alla sera di mille e mille soggetti. Ha egli per verità bisogno di compagnia e sollievo, ben conoscendosi dall'esteriore come internamente soffra per la malizia e la villanesca ingratitudine di questi buoni Patrizi ternani.
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