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      ) sarà compiuto tutto il lavoro della porta intiera. Bramerei conoscere sino a quando potrà durare simile stato di cose, dappoiché io, siccome dissi nel partire da Roma, non vorrei qui trattenermi lungamente; e altronde comprendo la confusione in cui codesti poveri inquilini della detta camera-traforata debbono ora trovarsi, e non so prevedere per quanti giorni ancora il puzzo di calce obbligherà tutti a far come si può. Ed io che non vedo l'ora di tornare a Roma? Monsignore mi usa le solite gentilezze, ma la sua vita non si confà colla mia. Egli ti saluta caramente, come io prego te di salutare codesti nostri parenti e gli amici. Addio, Ciro mio: ti benedico ed abbraccio.
      Il tuo aff.mo padre
     
      LETTERA 497.
      A CIRO BELLI - ROMADi Terni, venerdì 11 giugno 1847
      Mio carissimo figlioGrazie, Ciro mio, della affettuosa premura che ti sei data di farmi indilatamente conoscere quanto m'interessava sapere intorno allo stabilimento delle cose domestiche, per regolare il mio ritorno con sicurezza di non accrescere gl'imbarazzi della famiglia, già di troppo angustiata per la circostanza imperiosa di codesto aperimento di porta. Era e sono io persuaso, nulla meno che i nostri buoni parenti, della impossibilità di albergare in quella camera durante i lavori e per qualche giorno anche di più. Ma nella incertezza delle cose, per rapporto alla durabilità di esse, volli chiederne un cenno per regola mia, alieno io però nell'animo da tuttociò che potesse a mio riguardo aumentare l'orgasmo di chi stava in mezzo a guai d'insolubil natura. Del resto il mio ritorno non accadrà domenica 13, ma, come spero, in qualche altro consecutivo giorno della settimana, di che avrò poi cura istruirti. Intanto, adunque, la Sig.ra Nanna prosegua pure a usare della mia stanza, se ciò può farle piacere, e senza punto di ceremonie.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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