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      Eccovi, figli miei, uno indiretto ragguaglio del mio stato sanitario.
      Intorno al capitolo del vostro ritorno fra noi mi scrive Giacomo andare egli a proporvi un suo progetto sul come e sul quando eseguire questo recesso alle patrie mura. Attenetevi dunque a' suoi divisamenti ne' quali io pure convengo. Sul riunirci tutti insieme, come tu, Ciro mio, ti esprimi, non saprei accogliere nell'animo una opinione diversa dalla sua; benché, esaminando e considerando la cosa sotto l'aspetto rivolto al lato politico degli attuali avvenimenti, non saprei più che cosa rispondere, né qual consiglio dare, né qual partito adottare in circostanze se non paurose così come taluni se le dipingono, dubbie almeno per modo da rendere incerto ogni umano presagio sulle future contingenze. Può non accader nulla, può accader qualche cosa; ma chi ci dice che in questo secondo caso riesca meglio lo star lungi da Roma o lo stare in Roma? e circa al trovarsi fuori di Roma, saran tutti egualmente sicuri i luoghi?, o quale il sicuro e quale il pericoloso? Accadono eventi al mondo contrariissimi alle più probabili ed anche plausibili previsioni, e ciò anche in affari di molto più piana natura. E in mezzo a sviluppi cotanto intricati qual'uomo può dire questo sarà e questo no? La più prudente risoluzione sembrami adunque quella del non dividere le famiglie e sperperarle quà e là in frazioni, e dello aspettar poi dal tempo e dagli avvenimenti giornalieri il lume occorrente ad una comune ed uniforme condotta.
     
      Venerdì 20 aprile 1849 - ore 9 antimeridianeChiudo la lettera questa mattina per esplorare il tempo. Uhm! vedo gran nuvoloni. Mi seccherebbe lo stare in casa.
      Ciro mio, Cristina mia, vi abbraccio e benedico di cuore.
      Il V.o aff.mo p.eG. G. Belli
     
      LETTERA 516.
      A CIRO BELLI - FRASCATIDi Roma, sabato 21 aprile 1849


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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