Da due opposte commozioni pertanto mi sono io sentito prendere a ricevere l'immeritato Diploma unito all'umanissimo foglio di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima in data del 9 corrente marzo: l'una cioè di dolce riconoscenza verso il gratuito favore, e l'altro di confusione penosissima innanzi alla perfetta conoscenza di me stesso, dalla quale mi deriva assoluta certezza del dovermi io sempre restare ozioso e inutile strumento intorno ad una macchina cotanto nobile e vasta. E così pieno io trovomi di questo doloroso convincimento, che non avendo potuto prevenire e impedire con preghiere e con rimostranze una ammissione di cui non ebbi precedente sentore, starei or quasi per rinunciarvi se non conoscessi la turpitudine di questo passo che alla vecchia qualità mia d'ignorante verrebbe oggi ad aggiungere agli occhi de' gentili uomini pur quella nuova di malcreato. Nulladimeno, dove a Lei, Monsignore, e a codesto rispettabile Consesso paresse non mancare qualche decente temperamento merceccui potessi io effettuare il pensier mio senza ingiuria a chi tanto generosamente mi onorò, io mi ritirerei prontamente da un nobilissimo consorzio a cui non saprei prestare alcuna lodevole cooperazione. Come cattolico e cittadino amicissimo dell'ordine sì religioso che politico e civile, io ben so come ad ogni suddito della Chiesa e dello Stato incomba il dovere di contribuire secondo le sue forze al trionfo degli eterni principii di verità; ma al mantenimento e al restauro dello eccelso edificio chi può recar travi e colonne e chi soltanto ciottolini e bullette. Fra gli ultimi del secondo numero mi son io, il quale appena isolatamente e senza esterni concerti ardisco a quando a quando azzardarmi ad eseguire il pochissimo che, non so come sorgemi improvviso nell'animo per ispontanee inspirazioni.
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Diploma Vostra Signoria Illustrissima Reverendissima Monsignore Consesso Chiesa Stato
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