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      La mestizia di questo cielo sempre sì torbido, e il vedere come a voi poveri disgraziati non sia lecito neppure di respirare una boccata di aria pura né godere un raggio di limpido sole (beneficii ne' quali io tanto sperava) mi rinforzano i patimenti dello spirito travagliato. Ebbene, ripetiamo la vecchia parola di conforto: speriamo, speriamo. Eppoi uno sguardo al cielo, un altro alla terra, e rassegnazione. Al solito così passano al mondo gli anni e la vita: soffrire e sperare.
      Toccate per me la mano a Barbara e a Pio, e dimandate in mio nome alla prima se il Sig. Conti Capo-di-ferro abbia con esso-lei preso qualche concerto circa ai fascicoletti retroattivi del dilui utilissimo almanacco, che segue egli a pubblicare per prova che il tempo già scorso è stato fedele in tutti i suoi ritorni di mesi, di settimane, di giorni e di riscontri di cielo. Son venuti in luce l'aprile ed il maggio, ed io non ho che i soli precedenti tre mesi. A poco veramente mi serve questa effemeride codicillare, ma pure vorrei averne meco quanta la gatta presciolosa ne saprà partorire.
      Un saluto alla balia, un bacio alla pupa, un abbraccio a voi due, miei cari ed amatissimi figli.
      Il vostro aff.mo padre
     
      LETTERA 546.
      A CIRO E CRISTINA BELLI - FRASCATIDi Roma, venerdì 10 giugno 1853
      Ciro mio e Cristina miaSono le 10 del mattino, ed io mi pongo qui a preparare un po' di risposta alla vostra letterina di ieri a sera, dando nello scrivere un'occhiata alla carta e un'altra al cielo, non già per cavarne inspirazioni come gli autori di fantasie, ma per cercare se vi appariscano nuvoli che minaccino di ricondurci la sperpetua di ieri o qualche cosa di simile. E, purtroppo, nuvoli qua e là se ne vedono, e poca speranza concedono che il bel sereno col quale principiò la giornata mantengasi a favorire le vostre ricreazioni.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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