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      Il ripetuto Scalandra parte or'ora, cioè a mezzogiorno.
      Bisogna dire che Bassanelli non abbia mai ricevuto una lettera inviatagli da Sigismondo per la posta, appena, accaduta la nostra comune disgrazia.
      La lettera di Pio a Biagini è stata mandata al destino dall'Avv. Barberi che si trovò presente all'arrivo di essa in seno alla tua.
      Ieri prese possesso della sua nuova carica di Governatore Monsignor Matteucci, in treno di gala e scortato da uno squadrone di carabinieri a cavallo in grande uniforme. Andò così dal Papa, dal Seg.rio di Stato e dal Card. Decano.
      Oggi avrete avuto baccano alla locanda vicina a voi altri. La famiglia Quarti in comitiva di quaranta persone. Ce lo disse ieri a sera l'Avv. Barberi.
      Vivano i denti della pupa e vengano pure, a condizione che non la faccian soffrire.
      Ringraziamo Iddio del continuo miglioramento di Pio, che ci saluterai con Barbara, a nome di tutti.
      Chiara si soffre i suoi foruncoli con molta disinvoltura. Meglio così, povera ragazza, ma la è una gran noia.
      Ieri al giorno venne Marietta Ricci, e lasciò i saluti per tutti voi, non certamente esclusa Matilde.
      Aspettiamo dunque ansiosamente Cristina e te verso la sera del prossimo martedì 21, seppure il tempo non fosse troppo orribile pericolo non tanto vano in questa perversa stagione.
      Sigismondo, Chiara, Gigi, Nanna, Adamo, Nina, Geremia ed Annunziata m'incaricano di salutarvi in massa ed io abbraccio te e la nostra Cristina.
      Il tuo aff.mo Padre
     
      LETTERA 553.
      A FILIPPO BABOCCI - TERNI[20 luglio 1853]
      Duolmi assai, caro Babocci, di averti obbligato al fastidio dello scrivermi nel tuo neppure pieno stato di convalescenza dopo una fiera malattia.
      Perdonami: ma io, che nulla sapea del tuo male, attribuiva (lo confesso) il tuo silenzio a un po' di pigrizia.
      Vengonmi dunque due dispiaceri dalla tua lettera del 17: l'uno cioè per la infermità tua, la quale però, grazie a Dio, volge al suo termine: l'altro per quella della povera Vannuzzi, che mi pare caso ben più serio, e neppure so precisamente quale specie di morbo la travagli.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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