La spediremo nella sera di domani (domenica), affinché giungati lunedì.
Ho letto la tua lettera in presenza di tuo zio e di tua sorella, coram Pacifico. Sul proposito della visita di Chiara, Sigismondo ha risposto: eh, non dipende da me. Essa poi non ha aperto bocca. Mi spiego?
I miei dolori, figlia mia, fanno il comodo loro, ed io non glielo posso impedire. Il mio silenzio però non ci rimette nel caso dello scorso ottobre; perché allora non eravate qui nessun di voi due, e al contrario c'è adesso Ciro che alla circostanza mi sbianca.
Piano un poco, signora Chiacchierina: io non dissi golosa, ma golosi. Scrissi biscottini pei golosi. C'è una bella differenza. Di golosi al mondo ve n'ha tanti. C'è, per esempio, l'Abate Pitotti, ci son io, ci potrebbe essere anche Don Antonio..., e via discorrendo. Golosi in astratto è parola che non offende né il prossimo né il remoto. E non era forse probabile che la Signoria Vostra aprisse quel cartoccione sulla riva del fiume, e ad ogni marinaio presente ed accettante distribuisse il suo biscottino? Possibile che lo avessero schifato tutti que' buoni servi di Dio? Ecco dunque i golosi. Badi ella pertanto a reprimere i giudizi temerarii qualunque altra volta si trovasse al mondo in un consimile caso, e non attribuire a un povero galantuomo prave e maligne intenzioni quando parla coperto della candida stola dell'innocenza. Ci siamo intesi.
Chiudo la lettera e apro la finestra, perché esco per recarmi a impostare.
Abbracciami Ciro, abbracciami Teresa, abbracciami te stessa non mi abbracciar Gigia ma salutala; e ricevi i saluti e gli abbracci dei presenti, dei preteriti e de' futuri, ed anche di qualche imperfetto che si fa avanti colle sue imperfezioni; e questo imperfetto è Chiara, perché è tutt'altro che perfezione il non venirti a trovare.
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