Il tuo aff.mo più Padre che suocero
P.S. Ho letto a Chiara il paragrafo delle imperfezioni. Ci ha sorriso, ed ha poi soggiunto che il contegno dello zio in simili faccende è sempre tale che esonera se stesso mentre dimostra di lasciar lei libera di seguire la propria volontà. Ella in vece amerebbe che lo zio le dicesse: và, Chiara: và pure, ché mi fa piacere. In caso contrario teme Chiara di veder musi in aria, come dice averne più d'una esperienza.
Comunque stiano le cose, ti faccio questi dettagli per amor di giustizia; affine di non aggravar troppo tua sorella nell'attuale incidente. Prima la giustizia, poi la minestra, poi il lesso, e in fine di tutto l'altra pietanza con un finocchietto se c'è. Ma non mai più biscottini, i quali hannomi fruttato una bella mortificazione.
LETTERA 565.
A CRISTINA BELLI - ROCCA DI PAPADi Roma, lunedì 24 luglio 1854
ore 10 antimeridianeMia cara Cristina
Comincio a scrivere io, e poi Ciro continuerà. Per parte della Sig.ra Lezzani ci giunse ieri a sera la tua lettera venuta col Sig. Garofolini.
La stranezza della pupa vorremmo noi qui attribuirla all'azione dell'aria elastica che le abbia in questi principii esaltato i nervi. Ci giova, Cristina mia, creder così, per aprirci più facilmente adito a sperar bene nel futuro, allorché la cara bambina siasi abituata a cod.to clima.
Circa alle notizie e voci di cholera prego Iddio che tengati l'anima tranquilla. Qualunque cosa fosse per accadere, il mio voto sarebbe non interrompere in quanto a voi altre ciò che non per vaghezza ma per necessità e per ordine di medico è stato fatto: nel che parmi chiaro il voler di Dio. Per Ciro, io penso che se le esigenze dell'impiego potessero concederglielo, farebbe bene di unirsi con te e con la figlia, e così farvi tutti compagnia e confortarvi a vicenda. Io poi, che son già passato altra volta per questa via (e in tempo e in circostanze per me assai peggiori), resterei qui serenamente, non sembrandomi prudente per niun riflesso il lasciare la casa.
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