I tanti disordini che si commettono da questi stupidi e increduli nostri plebei nel dopo-pranzo delle feste per le osterie, per le vigne e per gli orti, non son cose da credersi né da immaginarsi. Dunque, figlia mia bella, non agitarti; e sul resto lasciam fare al Signore. Passa frattanto il tempo, ed io spero in Dio e nella intercessione di S. Maria e di S. Ignazio che ci rivedremo e riuniremo poi tutti in ottimo stato. Ti salutano Sigismondo e Chiara e Gigi, e ti abbracciano con Barbara e con Teresa. Io ti benedico e do mille baci alla tua cara raponzoletta.
Il tuo aff.mo Papà
LETTERA 575.
A CRISTINA BELLI - FRASCATIDi Roma, domenica 10 settembre 1854
ore 10 antimeridianeCristinella mia
Ieri, mentre Ciro viaggiava, non potendolo io accompagnare per terra lo seguiva cogli occhi nel cielo, per pure scoprir fra le nuvole se qualche rovescione d'acqua lo potesse mai cogliere in cammino. Non ne capii però niente come ti puoi figurare, ché il nuvolo e il sereno si correano appresso l'un l'altro come nella lanterna magica il diavolo e l'oste quando scherzano insieme da buoni fratelli. Acqua però qui non ne cadde; ma ben se ne ricattò jeri a sera e poi nella nottata; ma allora, Deo Gratias, stavam tutti sotto le coltri a covare i paperini. Insomma piove e mal temp'è, e presto-presto a casa dell'antri nun se sta bè, come diceva la buona comare seduta sulla pizzetta bollente.
Ciro, nel passare in legno sotto le mie finestre alzò gli occhi a quella della stanza da letto, ma non mi vide perché io ero all'altra della libreria.
Mettiamo ora mano a un altro barattolo, cioè la lettera di Ciro, scritta alle 7 1/2 di ieri a sera, e portatami giù adesso da Gigi, il quale si è subito presa la inclusa per la Signora Camilla per ricapitarla al momento.
Non c'è più nulla da dubitare: la diarrea della cara paperella nostra procedea dunque al certo dai denti: ed ora, se mai, siccome Ciro si esprime, si riaffacciasse, non ci sarebbe più da mettersene in pena, essendovi ancora il quarto canino da uscir fuori dalla buccia.
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